1610-06-08.A Groslot
Molto illustre signor colendissimo
Essendo quella di Vostra Signoria delli 11 maggio, che ultimamente ho ricevuto, scritta inanzi la morte del re, per la mutatione di tutte le cose non ricerca risposta se non di poche particole.
Il ritorno del signor *Foscarini portarà grand'impedimento alla nostra communicatione, né per adesso io so trovar altra via, se non quella dell'ambasciator di Turino4. Del venturo a Parigi5 non si può confidare pienamente, per esser troppo papista et, quel che più importa, non per religione ma per interesse. Mandar le lettere per il corriero, non inviate ad altra persona, è cosa piena di gran pericoli et non mi capiterebbono se non per fortuna.
Se il re fosse vissuto et havesse continuato il proponimento di andar in Germania con tante forze, io non dubito che quei principi non si fossero accordati et già dell'accordo si parlava apertamente qui. Non potevano esser senza sospetto, quando un forestiero dovesse entrar nel loro paese tanto più forte di loro. La memoria di Henrico II non è tanto antica et anco quando il re fosse stato tale che havessero dovuto fidarsi totalmente, la prudentia politica però non admette lo star a discretione altrui, massime che la dimanda fatta all'arciduca del passo et la concessione successa non potevano argomentar pensieri sopra altri paesi. Adesso che sono levate queste ombre, forse che sfumerà quella trattatione d'accordo, del resto pieno d'infinite difficoltà et che presuppone inanzi la perfettione di molte cose, ciascuna delle quali vuol un anno; et fra le principali, la denoncia di guerra contro li Stati, fatta da Leopoldo6, ha accresciute le difficoltà, non essendo conveniente che li principi germani abandonino quella republica, dichiarata per loro. Io ho admirato la deliberatione di quel governo in domandar ugualità con Francia et Inghilterra nel compartimento della preda. Nessun principe fece mai gran cose, se non quelli che reputarono le loro forze maggiori di quello che erano; questi soli mettono a pericolo et, senza l'arrischiarsi, tutto quel che si fa riesce di sotto del mediocre.
Il negozio del re de' Romani haverà incontri insuperabili: la volontà dell'imperatore non inclinato a vedersi successore vivendo, li disgusti tra sua maestà e il fratello, qualche concorrentie tra essi fratelli quali non tutti cederanno al maggiore, la poca convenienza tra li principi elettori, li interessi poi de'principi fuori di Germania che s'adopereranno a varij fini, non tanto con lettere d'inchiostro quanto anco con lettere d'oro. Le qual cose mi fanno congetturar che la nostra età non sia per vedere regolate tante cose quante per necessità sono per attraversarsi, oltre le dette.
Ma lasciando queste cose publiche, quanto al Theatro di Vignier7, tanto hanno scritto sopra quella materia et sono così difficili da stabilir li principij dove cavarne resolutione, che il parlarne oltra la congettura è cosa assai pericolosa; io credo bene che haverò occasione di vederlo ma non mi curo che questo sia così presto, havendo altre cose per le mani.
Quanto al libro ▪De modo agendi, io ricercai l'ambasciator straordinario ad Inghilterra che me lo procurasse insieme con altre cose. Egli, al suo ritorno, in luoco publico dove non potevamo longamente parlare, mi disse che mi haveva sodisfatto; ma immediate tornato a casa, si mise in letto con grave infirmità di dove non è levato per ancora. Onde non ho potuto sapere se al certo in questo son sodisfatto, ma congetturo di sì. Onde prego Vostra Signoria non passar più innanzi in affatticarsi per ciò et se io per quella via non haverò ottenuto il mio desiderio, le scriverò di nuovo et riceverò la sua grazia.
Non so se quei padri goderanno tanta felicità in Francia doppo la morte del re, o pur maggiore. Quanto a me, credo che haverebbono per vergogna che fosse successo un gran fatto per altre mani et, se bene tutto non si scoprirà, non so se si vorrà scoprire. Io crederò il ragionevole senza far loro torto, poiché non capit prophetam perire extra Hierusalem8.
Quanto a fra Fulgenzio9, non è vero che sij posto in galera, né doppo che fu messo prigione all'Inquisitione, si ha saputo di lui altro con certezza. Un mese è che li padri del suo ordine da Roma scrissero che era morto in prigione, di laccio; et così essi tengono per certo, ma io non ne ho altri riscontri.
Mi resterebbe dirli alcune altre cose, le quali havendo scritto a monsignor *Castrino et mancando il tempo, lo prego che gliene faccia parte. E qui facendo fine, li bascio riverentemente la mano.
Di Vinetia, lì 8 giugno 1610.