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1610-09-28.A Groslot

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Molto illustre signor colendissimo
Per la mia ultima scritta hoggi quindeci, diedi conto a Vostra Signoria d'haver ricevuto la sua delli 18 agosto, insieme col suplemento della cifra. Per questo corriero ho ricevuto due sue, una delli 2, l'altra delli 3 del presente, insieme con le direttive al signor *Molino et a monsignor *Asselineau, quali ricapitai immediate; et questo stile servarò secondo il commandamento di Vostra Signoria, dandole conto in ogni mia lettera di quanto haverò ricevuto da lei.
Ho sentito grandissimo piacere che ella habbia risposto al signor ambasciator *Barbarigo, del quale non ho scritto a Vostra Signoria con alcuna hiperbole, anzi più tosto molto di sotto di quello che in verità è et non saprei trovar in questa nobilità persona che l'avanzasse in bontà et prudentia; et son sicuro che riuscirà tale a Vostra Signoria, così trattando con commercio di lettere, come personalmente, perché ella haverà ben occasione di vederlo anco di presenza, poiché, finita l'ambasceria nella quale serve adesso, sarà destinato o in Francia o in Inghilterra, o forse sarà il primo che anderà in Hollanda. Li avisi che Vostra Signoria li darà, et maggiormente le instruttioni et considerationi sopra quel che passa, sarà utile non tanto a lui, quanto al publico [perché egli scriverà in senato]4 et in particolare, sarà molto a proposito che egli sappia tutte le insolentie che usano li giesuiti costì.
È fondatissimo il discorso di Vostra Signoria, che il papa et Roma non pensano altro che vindicarsi contro la Republica, ma sentono ben essi ancora le difficultà insuperabili che li convien scontrare; perché quando pensino farlo senz'armi riusciranno ridicoli, come altre volte, ma quando con quelle, sono certi che non si può fare senza empir l'Italia di soldati confessionisti et reformati, che è loro estrema destruttione. Né credi Vostra Signoria che il papa si fatichi maggiormente per compor la differentia, di quanto Spagna vuole et li comanda, ma se in Italia sarà guerra o no, io son così incerto, che non pendo più in una parte che nell'altra.
Par che Vostra Signoria, quasi dubitando, mi dica che il pontefice non farà niente sopra il decreto della Sorbona5. Io la levarò di dubio: stia certa che non lo farà, et per argomento di ciò li dirò di nuovo. Già dieci giorni è uscito un libro del cardinal Bellarmino, stampato in Roma, con titolo dell'Autorità temporale del papa sopra i principi, in latino però6. Il pretesto è di scrivere contro il Barclaio7, ma il vero fine si vede esser per ridur il papa al colmo dell'onnipotenza. In questo libro non si tratta altro che il sudetto argomento, et più di venticinque volte è replicato che quando il papa giudica un principe indegno, per sua colpa, d'haver governo, o vero innetto, o pur conosce che per il bene della Chiesa sia così utile, lo può privare. Dice più et più volte che, quando il papa commanda che non sia ubidito ad un principe privato da lui, non si può dire che commandi che principe non sia ubbidito, ma che privata persona, perché il principe privato dal papa non è più principe. E passa tanto inanzi, che viene a dire: il papa può dispor secondo che giudica ispediente di tutti li beni di qual si voglia christiano. Ma tutto sarebbe niente, se solo dicesse che tal è la sua opinione: dice che è un articolo della fede catholica, che è heretico chi non sente così et questo con tanta petulantia che non vi si può aggiongere. Io non faccio dubio che, udita la morte del re, non li sia venuto in deliberatione di componere questo libro, perché per quanto tocca a Barclaio, bisognava farlo prima et è un voler tentare la patienza dei principi, per passar più inanzi. Credo che la Republica non permetterà il libro8.
Ma, poiché io sono a parlar di Roma, bisogna ben che li dica una historia delli giesuiti di là. Saprà che in quella città vi è un grandissimo numero di birri, et eccedono senza dubio 150. Li padri giesuiti, vedendo che quella gente è dissoluta et vive poco christianamente, hanno pensato di eriger nella loro chiesa una compagnia di soli birri, per insegnar loro la dottrina christiana, et essercitarli nella frequentia della confessione, etc. Il governatore di Roma et quella corte hanno havuto in sospetto una così stretta prattica di quei padri con li loro ministri: se ne sono doluti col pontefice, per ordine del quale la compagnia instituita è stata disfatta. Poveri padri ! Hanno anco perso un assai buon boccone, perché il vescovo di Chauvaillon9, essendo vicino a morte, come anco morì dopo, li haveva donato trenta miglia scudi avanzati da lui, ma la camera romana non ha approvato la donatione, ha voluto che questi danari siano spoglie et se li ha applicati.
Ricevono ben essi ancora alle volte qualche disgusto, ma ne danno anco. Io resto ben con gran maraveglia della petulantia con quale procedono costì, et che habbino tanti favori, et sopra tutto resto attonito, che siano favoriti da monsignor *di Thou. Bisogna che vi sia qualche gran ragione occulta, perché della bontà dell'huomo non posso dubitare. Lo scrivere contro di loro sarebbe scribere in eos qui possunt proscribere10. Padre Paulo lo desidera, ma li convien usar molta cautione quando la meretrice procede con la Republica con lusinghe, sì come al presente. Se a Dio piacerà che si smascheri, et questa et qualch'altra cosa potrebbe esser fatta.
Io ho ricevuto diverse buone instruttioni da Vostra Signoria sopra li buoni governi di quella società et in particolare il Misterio11, che per questo corrier mi manda, di che la ringratio, né per questo refreno l'ardir di pregarla ancora di maggior cose. Quanto a quello ▪De modo agendi, aspetto che il signor *Foscarini sia in Inghilterra. Desidererei havere un essemplare dell'Apologia12 del padre Ludovico *Richeome in francese, non in latino; quando, senza suo incomodo, Vostra Signoria potesse provedermene una et darla al signor Agostin *Dolce, lo riceverei a favore.
Intorno alla camera della meditatione, noi in Italia non ne habbiamo contezza, perché i cervelli italiani non sono soggetti ad esser persuasi di mettersi in pericolo; però quella droga non ha spazzo qui, ma un'altra la quale è molto stimata et è ragion dell'utile colla quale guadagnano tutti quelli che li seguitano; et noi osserviamo che li maggior usurarij et usurpatori dell'altrui sono li devoti delli giesuiti. Ma Dio vuole che chi non riceve la verità sia a punto punito di cecità.
Quanto alle cose di Francia, dubito che il pronostico di padre Paulo si verificherà prima di quello che egli credeva, considerando quello che è occorso sopra Calais, et le altre cose strabochevoli che vedo fare a favore di Conchini13. Io dubito anco molto che quel duca di Feria non si faccia duca di festa14, anco molto solenne, et Dio voglia che parta di Francia senza haver seminato molto diacatholicon.
Intorno le cose del mondo, è molto ben chiaro che li Todeschi sono irresoluti, divisi et deboli [come è ordinario di quella nazione, tanto celebre per altro e si famosa all'universo]15. Ma io dirò, credendo non m'ingannare, che solo li Stati siano veri principi, resoluti, arditi et reali; et io per me li stimo sopra tutti, et veggo che quanto è avvenuto di bene da trenta anni in qua, è nato da loro.
Li hugonotti hanno ragione di ombregiare, né credo siano mai per usar tanta cautione che eccedi, massime che vigileranno perpetuamente alla loro pernitie li giesuiti et non lascieranno passar punto di occasione. Io vorrei vedere che si effettuasse l'assemblea dissegnata, di che prego Vostra Signoria darmi aviso particolare, parendomi cosa di molto momento et consequenza. Spero in Dio che favorirà una così utile deliberatione, et prego la divina sua Maestà che li doni buon principio et felice esito. La quale anco prego che doni a Vostra Signoria ogni prosperità presente et perpetua, alla quale bascio umilmente la mano.
Di Vinetia, lì 28 settembre 1610

 

 

Quanto all'abiuratione di fra Fulgentio16, non li posso parlar con certezza, salvo in questo particolare, che egli nella chiesa non parlò et che haveva la bocca chiusa con sbavaglio. Se in secreto abiurasse, può esser vero, ma non è già solito farsi con quelli a' quali si lege la sentenza in chiesa, come a lui.
Il libro di Bellarmino è proibito qui [con rigore estraordinario, come anchora si farà a tutti i libri che vengono dalle contrade del Tevere, et particolarmente quando sono opere uscite da' gabinetti de' padri giesuiti; quali hanno giurato d'avvilire ogni potenza, per poter meglio rendere quella del papa superiore ad ogni altra. però ho ferma credenza che Dio vi metterà la sua mano, per liberar la Chiesa da questa pena]17.

 

 

 

1. Le nom et la signature du copiste, Jacques *Dupuy*, apparaissent sur la page de titre du manuscrit.
2. Le manuscrit BnF Italien 258 contient une autre copie de cette lettre (f. 20r-22v) parfaitement identique, à l'exception de certains passages chiffrés (déchiffrage interligne) et de la signature F.P.V. Il ne nous a pas été possible de préciser la provenance de ce manuscrit sur papier du XVIIe siècle qui n'est pas le travail d'un copiste professionnel. La BnF conserve une troisième copie [Italien 1440, p. 305-314] : De la bibliothèque de Mr le P. Bouhier, B44, MDCCXXI.
3. La copie ne comprend pas l'adresse.
4. Passage absent des manuscrits Dupuy 766 et Italien 1440 mais présent -chiffré et déchiffré en interligne- dans le manuscrit Italien 258.
5. Le texte de la Sorbonne Censure de la sacrée faculté de Théologie de Paris contre les impies et exécrables parricides des rois et des princes connaît plusieurs éditions en 1610 dont Paris, H. Blanvillain et Lyon, C. Morillon. Il est édité avec le texte de l'arrêt du Parlement de Paris, du 8 juin 1610.
6. Robert Bellarmin, Tractatus de potestate summi pontificis in rebus temporalibus adversus Guill. Barclaium, Romæ, [s.n.], 1610 ; Coloniæ Agrippinæ, Gualtherus, 1611. Les réponses sont, d'une part, Remonstrance et conclusions des Gents du Roy, et arrest de la Cour du parlement de Paris du 26 novembre 1610 sur le libvre intitulé "Tractatus de potestate summi Pontificis in rebus temporalibus adversus Guillelmum Barclaium, auctore Bellarmino, [s.l.], 1610 et, d'autre part, par le théologien protestant allemand, David Wängler dit Pareus (1548-1622), Ad Roberti Bellarmini librum "De temporalis potestate papae" commentatio, Heidelbergæ, Johannis Lancelloti, 1612.
7. William *Barclay (1546-1573), De potestate papæ, un et quatenus in reges et principes seculares jus et imperium habeat… liber posthumus, Mussiponti, apud F. Du Bois et J. Garnich, 1609 et 1610.
8. Le jugement de Sarpi est rapidement confirmé puisqu'il fait état de cette interdiction dans son post-scriptum.
9. L'évêque de Cavaillon est alors Octave Mancini.
10. Il ne faut point honnir, celui qui peut bannir. Cette maxime aurait été dite par Asinius Pollion pour expliquer qu'il n'a pas répliqué à une satire d'Auguste (Macrobe, Saturnalia, 2.4.21) puis reprise par Pétrarque dans une lettre à Luchino Visconti (Familiares, 7.15.7) et par Lorenzo Valla dans la dédicace de son traité, De falso credita et ementita Constantini donatione.
11. César *De Plaix, Mystère des jésuites pour prendre resolution de tuer les roys, Au Monde, dans la presente année [i.e. 1610].
12. Louis *Richeome (1544-1625) SJ, Plainte apologétique au roy très-chrestien de France et de Navarre pour la Compagnie de Jesus. Contre le libelle de l'aucteur sans nom [i.e. Antoine Arnaud] intitulé "Le franc et véritable discours", Bourdeaus, S. Millanges, 1602 et 1603.
13. Concino Concini (1575-1617), maréchal d'Ancre. Aventurier et favori de Marie de Médicis, il rencontre l'opposition du jeune Louis XIII qui le fait assassiner par le capitaine de ses gardes.
14. Jeu de mot sur le titre de Juan *Fernandez de Velasco, duc de Feria, qui est gouverneur du Milanais de 1610 à 1612.
15. Passage absent des manuscrits Dupuy 766 et Italien 258.
16. Voir Notices biographiques : Fulgenzio *Manfredi.
17. Passage absent des manuscrits Dupuy 766 et Italien 258.

Type scripteur
  • Copie

Scripteur
  • Jacques Dupuy1

Chiffrement
  • non chiffrée

Signature
  • non signée

Lieu
  • Venise

Source
  • BnF, Dupuy 766, f. 22r-v2.

Editions précédentes
  • G. Leti, 1673, lettre L, p. 285-289,

  • G. Fontanini, 1803, lettre L, p. 322-326,

  • F-L. Polidori, 1863, II, lettre CLV, p. 135-141,

  • M. Busnelli, 1931, I, lettre L, p. 138-142.