1609-09-01.A Groslot
Molto illustre signor colendissimo
Ho ricevuto quelle di Vostra Signoria delli 5 et delli 6 agosto, restando molto obligato per le gratie che mi fa continuamente con le gratiose et affettuose lettere. Mi duole non poter corrispondere salvo che con sola affettione, la qual però è così intensa che merita esser ricevuta per supplemento di tutte le altre qualità.
Il negotio nostro dell'abbacia4, durato già otto mesi, et in questo tempo trasformato in più maniere che un Proteo, hora è al fine; se qualche cosa non si attraversa, accomodato con dignità della Republica, ma non so con quanta del papa. Se il fine di questa debbia esser principio d'altra controversia, io non lo so; sono congietture per ambe le parti; ma molto incommodo ci si porta di costà. Ben dice Vostra Signoria che non doveressimo ricevere, ma è un bel porger acqua all'assetato et dir: Non bevere. Habbiamo qui dua, un troppo buono et un troppo cattivo, che ci mettono alle volte in moto et se bene il buono è più vicino, l'opera dell'altro si fa più sentire5. Habbiamo bisogno della divina assistenza.
Stupisco come in tanti moti di Clèves6 et di Bohemia, li giesuiti non si faciano nominare punto: come è possibile stijno in tanto silenzio ? O che hanno mutato natura, o che non è venuta ancora la loro vicenda et aspettano l'opportunità. Io sto in questa credulità che le cose di Bohemia termineranno in un ingano alli confessionisti et quelle di Clèves in una pace, con divisione di quei Stati tra gl'occupatori, et quelle dei Sviceri in diete, et le nostre d'Italia in parole, sin che li Turchi sijno quelli che, composte le cose loro, ci mettino in qualche pericolosa guerra.
Il re d'Inghilterra col suo libro7 si ha tirato adosso molta materia di disgusto. Non è stato ricevuto in Spagna, ricusato in Savoia, abrugiato in Fiorenza et condannato in Roma. Gran cosa che ogn'uno vuol fare nella comedia la parte altrui et non la propria, che rappresentarebbe et meglio et con maggior facilità.
Qui in Italia non habbiamo cosa nuova. Il pontefice è atteso ad arricchir la sua casa, li Austriaci non hanno potuto ottenere un soldo da lui per agiuto. Il nostro doge è stato amalato gravemente8, con molta aspettattione della corte romana, che pensava attribuir a miracolo la sua morte; ma egli, già quattro giorni, è senza febbre et spero non faranno miracoli per adesso. È fama che il pontefice pensi non restar alcuna cosa alla sua felicità senza la morte di questo principe: gran vanità delli consegli humani !
Non è maraviglia se li giesuiti conducono le loro imprese bene, havendo così esquisita secretezza che le leggi della loro policia stanno in arcanis9. Io non spero più di poter vedere le Constitutioni10 loro et non ardisco più dimandar a Vostra Signoria che s'adoperi in questo, che lo tengo per impossibile. Ella potrà vedere certo libretto di Regole11 stampate in Lione, dove le Constitutioni sono citate nella margine. Quel libro citato è quello che non è possibile truovare. Ho visto qualche altri estratti et sommarij che se bene non sono affatto publici, li lasciano però (con qualche riserve) vedere; ma l'intiero non già.
Delle cose di qui non posso dirli cosa nuova, perché tutto cammina secondo li usi antichi. Il pontefice attende ad arricchir la casa sua et questo è il principal della sua amministratione; la Republica nostra, secondo che è suo solito, a governar alla giornata; li Spagnoli ad accrescer in Italia con le arti, non con le forze aperte; li altri principi a conservar la gratia dello Spagnolo.
Io resto con desiderio di ricevere li comandamenti di Vostra Signoria, alla quale bascio la mano.
Di Vinetia, il primo settembre 1609.