1609-10-13.A Groslot
Molto illustre signor colendissimo
Scrissi per la passata a Vostra Signoria l'accommodamento successo nella causa della Vangadizza4 ; adesso siamo senza controversia alcuna con la corte romana, se forse non surgesse una nuova, perché è stato giudicato et condannato dal consiglio de Dieci l'abbate Marc'Antonio Cornaro5, per haver con una barca armata assaltato nel canal della Giudeca una gondola, dove era un mercante con la moglie et, fattolo saltar in acqua, levatoli la donna. Però io son di parere che la corte si contenterà di tacere et che così sarà tanto più apparente qual fosse la forma dell'accordo già fatto. Ma quel che più di tutto rileva, io tengo quasi per fermo che non debbia nascere con questo pontefice altra controversia. Di chi sij opera questa concordia, lo potrà Vostra Signoria congietturare considerando li effetti che ne seguono et seguiranno.
Ella giudica benissimo che noi siamo guidati dalli rispetti delle cose presenti, ma forse voi ne havete la causa notissima, non tanto per mezzo di persuasione, ma anco con qualche modi violenti. Questa quiete potrebbe essere una via a moto maggiore, ma la natura nostra è di pensare più al presente che al futuro. Li consegli de gl'huomini sono troppo sciocchi a poter pervenire dove credono. Dio effettua la sua volontà anco per vie contrarie, là io mi risegno et penso voler metter l'animo mio in pace.
Delli Bohemi, noi intendiamo che l'imperatore incominci a restringerli, anzi a levarli le cose concesse, doppo ch'essi hanno disarmato. Della Carinthia et Stiria non intendiamo cosa veruna, li moti sono stati leggierissimi et credo terminati in quiete totale per l'opera diligente de' padri giesuiti che si sono adoperati per mantener la costanza nel suo principe6. Io vado divinando che anco le cose di Clèves7 termineranno in pace, per l'opera del Christianissimo, al quale il mondo è debitore della tranquillità che gode.
Il libro del re d'Inghilterra8 sarebbe stato letto qui con eccessiva curiosità, se ne fossero venuti qualche esemplari. Pochissimi se ne sono veduti: hora la curiosità comincia a mancare.
La raccolta delle mie Memorie9 che Vostra Signoria sa, è ridotta ad aumento grande, ritenendomi li rispetti che può congietturare a tenerla appresso me et, non potendo star ocioso, tra tanto ho disceso sino alle formali parole. Ma tuttavia seguono et crescono li rispetti medesimi che mi rendono molto sospeso. Io vorrei poterli comunicare con Vostra Signoria et a questo effetto pensavo mandarli una ciffra per questo spazzo, ma il tempo non mi basta per comporla; per il corriero seguente la manderò et discenderò un poco alli particolari con esso lei et per mezzo suo con monsignor *di Thou; per tentare se pur si può fare cosa buona. Noi Italiani vogliamo fare le cose nostre tanto sicure che perciò perdiamo molte buone occasioni, onde fa bisogno accompagnarci con qualche persone vehementi che incitino un poco la nostra superflua cautione.
Per hora non sarò più longo. Il signor *Castrino li darà le nuove rimanenti et io facendo fine, li bascio la mano, col padre Fulgentio10. Dal signor *Molino credo che ella riceverà lettere per questo stesso spazzo, con un'ode del nostro *Menino, il quale è come un castore tra le acque di Vinezia et la terra di Roma.
Di Vinezia, il 13 ottobre 160911