1606-08-18.DE Possevino
Al molto reverendo padre e signore mio osservandissimo,
il padre maestro Paolo da Venetia.
Molto reverendo padre in Christo santissimo,
Se mai ho desiderato o con efficacia ricercato l'aiuto e favor di Dio, hora affettuosamente lo faccio supplicandolo a volermi concedere tanto del suo Santo Spirito, sì che questa mia lettera sia dalla Paternità Vostra molto reverenda e ricevuta e letta con quella charità con la qual io l'ho scritta, e con quel sentimento che ricerca l'importantissimo negozio che in quella si tratta.
Non posso senza lagrime esprimer a Vostra Paternità quant'eccessivo dolore io sentissi et tuttavia senta intendendo che un amico mio tanto antico, un padre di così onorata qualità e da me per gran tempo stimato zelantissimo dell'honor di Dio, si sia risoluto nescio quo malo spiritu ductus di volersi dichiarare per primo e principalissimo consigliere per la Repubblica di Venetia in cosa tanto contraria alla gloria di Sua Divina Maestà, alla grandezza della nostra santa madre Chiesa catholica romana, alla autorità del sommo pontefice Vicario di Christo in terra, et alla quiete non solo d'Italia ma tutta la vera cristianità. È trita e vulgar sentenza che ogni huomo si muove ad oprare qualche cosa per qualche fine, s'egli non è a fatto pazzo o forsennato. Io sono andato molte volte fra medesimo pensando qual può esser quel fine che ha potuto muover la Paternità Vostra ad aiutare o fomentare con la sua autorità un negotio tanto ingiusto, e tanto manifestamente cattivo. Ch'ella habbi fatto questo per alcuno utile che gliene possa venire, non so come potermelo persuadere. Poscia che strana cosa mi pare che un padre di tanti anni di religione che ha fatto voto e professione di povertà che per esser intelligentissimo sa di quanta importanza sia il far voto a Dio, e voto solenne, che con risolutione così pia e generosa ha lasciato e casa, e robba, e parenti, e tutto et s'è posta dentro ad una poverissima religione, religione di Mendicanti, volesse adesso per cento o duecento miserabili scudi, che si dice dargli li Venetiani di provisione, dichirarsi theologo loro, et persuader a quelli dogmi falsissimi contro l'autorità della Chiesa, contro il sommo pontefice e contro tutta la buona et reale theologia dei più santi, dotti et ortodossi padri.
Ah ! Vergogna sarebbe che un padre dotato da Dio di tante qualità et in stima di un honoratissimo et dottissimo theologo, adesso volesse per un poco di quatrini esser'annoverato nel numero dei pseuditheologi infami, scismatici et scelerati heretici. Una dramma2
di buon nome e di buona fama val più che quant'oro può mandar l'India o il Perù. Ma se non l'utile è stato incitamento a farle far quello che ha fatto, ma l'honore, ne questo certi ella ha conseguito o può conseguire o piacesse a Dio che appresso tutti i buoni ella non havesse conseguito grandissima ignominia et infamia. Io mi ricordo, reverendo padre, che nei primi anni che contrassi amicitia con Vostra Paternità et per molti anni doppo ella era in tanta reputatione et in tanta stima non solo in Venetia et nelle città circonvicine appresso tutti i letterati et appresso tutti gli huomini honorati, virtuosi et religiosi, ch'ella era riputata, si può dire, l'horacolo; e non solo ella era in tal concetto in cotesti paesi, ma in Bologna, in Roma et in tutte le più nobili città d'Italia, tanto che questo vostro buon nome pervenne sin alle orecchie di molti papi ch'hebbero pensiero di riconoscer le vostre virtù et honorarla conforme al suo valore. Ma il Diavolo, che com'esperto capitano va a battere le rocche più forti, scorgendo il gran bene che havrebbe fatto un pari vostro, se in qualche stato honorato nella Chiesa di Dio fosse stato collocato, per espugnarvi vi mandò intorno una squadra di soldati politici e republichisti, et questi furono molti nobili venetiani, capo dei quali si dice fosse quello ch'hoggi dì è prencipe della Republica. Hor questi, e con adulatione e con favori e con presenti, mostrando di ricorrer a lei come all'horacolo di Delfo per impadronirsi dei più profondi segreti della sua dottrina, ahimè che pian piano in iscambio di lasciarsi tirar'essi nella realtà della vostra dottrina, la tirorno inavedutamente nella loro, illaqueandola di maniera nei suoi lacci politici e nell'empie catene della diabolica ragion di Stato, ch'ella a poco a poco abandonando il vero studio della real theologia si pose in gratia di questi tali a ritrovar'essempij, autorità e dotttrine che indebolissero et anichilassero l'autorità dei papi, della Chiesa e degli ecclesiastici e che aggrandissero le republiche et li principi temporali. Con quanto gusto per pascersi di questa dottrina corressero a lei molti nobili, con che piacere si trattenessero seco, con quanto poco rispetto si dessero a leggere libri prohibiti che trattassero di queste materie et, in somma, con quanta libertà incomiciassero a parlare e straparlare dei papi, dei cardinali, dei vescovi et di tutte le persone ecclesiastiche e della loro immunità, Vostra Paternità n'è benissimo consapevole. Poiché nella sua camera et alla presenza sua si facevano i dialoghi e le conventicule, godendo ella di veder'i primi senatori della Republica e li più intendenti di quella nobiltà fargli corona e pendere, ut dicitur, ab ore, pigliando quel maledetto veneno onde tanti di quei gentil'huomini sono restati, mercè sua, attossicati et affascinati, et adesso, se ben anco prima, se ne vedono i frutti di così mal seme.
Il nome di questa diabolica Academia3
s'incominciò a divulgare, onde ella non solo incominciò della solita sua riputatione appresso alcuni buoni padri della sua religione e nella città di Venetia, ma ne venne un certo romore sin a Roma e sin'alle orecchie di papa Clemente VIII, di Sua Maestà il quale dove prima animatissimo per inalzarla ad ogni honore, intendendo di quanto ella veniva infamata non solo non pensò più a sublimarla, ma ricercato, non so se fosse dall'ambasciator veneto, a volergli dare un piccolo vescovato4
non lo volse fare et s'egli vivea, voleva ch'ella si giustificasse di quanto contro di lei s'era divulgato. Pochissimi erano quelli che sapessero queste cose, sì che non s'era a fatto levata universalmente quella buona opinione nella quale si ritrovava la persona sua non mancando molti suoi amici di scusarla e difenderla quanto più potevano. Ma ahimè che adesso si troppo sfacciatamente, perdonatemi, vi sete cavata la maschera facendovi dichiarare capo, maestro e consultore di un infamissimo scisma. Se questo errore fosse opposto ad un patriarca di Costantinopoli, ad un vescovo di Filadelfia o a qualche altro calogero della Chiesa greca scismatica non parerebbe farsi meraviglia o se in ciò fosse antesignano un Marsilio apostata o qualche inglese protestante non parerebbe sì strano, ma che un religioso di sant'Agostino5
, un padre di tanta dottrina e che per un tempo ha professata tanta pietà e tanta modestia habbia fatta tal cosa, certo è cosa lagrimabile e se comunemente da tutti non si dicesse, io non lo crederei.
Questa sola consolatione rimane a me et a tutti gli amici nostri, che in lei speriamo pentimento e ricognitione del suo errore che non lo speraressimo di alcuno di quegli altri, tenendo per indubitato, conoscendo io l'ingenuità della sua natura e la bontà sua naturale, che non vorrà stare molto tempo con una macchia così brutta adosso. Potrebbe scusarsi con dire che quello che ha fatto non l'ha fatto mosso da alcuno suo interesse ma per amor della patria e per la conservatione della libertà di quella, essendo pure anch'ella suo cittadino. Lasciamo che io potrei dire che gli huomini ch'entrano in religione sono della conditione dei fiumi ch'entrano nel mare, che subito pervenuti 'n quello perdono il proprio nome, così quando uno è entrato nella religione non si può più chiamare cittadino di questo mondo né di questo secolo ma lasciando, come dicevo, questo anche in bocca di un mero secolare, questa sarebbe una sciocca scusa. Poiché chi è che non sappia che non per salvar la patria ma per salvar tutto il mondo non si ha da far cosa, benché menomissima, contro la legge di Dio e quella libertà che si conserva con peccato si deve più tosto chiamare diabolica servitù che politica libertà. Qui facit peccatum servus est peccati6
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Di gratia la Paternità Vostra, senza passione ritirata dentro la sua cella o più tosto dentro alla propria conscienza, vada non poco pensando che bene sin'hora è successo e che bene per l'avvenire può succedere alla patria vostra con lo stare quella scommunicata, interdetta e contumace con la Santa Sede apostolica. Io presupongo che nei Signori Venetiani possa esser difetto nell'intelletto ma non nelle volontà; ma in Vostra Paternità che sa tanto non si può presumer questo. E' possibile che possiate veder con gli occhi asciuti, se havete punto di pietà chritiana, tanti peccati enormi, tanti sacrilegij che ogni giorno si commettono in Venetia et in tutto quel Stato con tanto sprezzo dei religiosi, dei sacramenti, delle chiese, della robba ecclesiastica, tanti sacerdoti posti prigioni, tanti frati perseguitati, tanti monaci sbanditi e tanti ecclesiastici con tante contumelie et ingiurie oppressi e mal trattati che credete che dichino che quei meschini religiosi, quando si vedono così oltraggiati ? Un huomo dedicato a Dio con voti e professione come noi, sacerdote come noi, frate come noi, è il principale motore di tutta questa roina, disaggi e patimenti nostri, Dio glielo perdoni. Che confusione credete che sia negli animi di tanti secolari pij e religiosi, li quali havevano riposta l'anima loro che è la più chara gioia che habbiamo in questo mondo già molti e molti anni nelle mani di santissimi e divotissimi padri medici loro spirituali, e gli hanno veduti partir et essere scacciati con tanti ignominie et opprobrij et ogni giorno vedere che tutti i migliori sacerdoti con manifesto rischio della vita o fugono o cercano di fugire, non restando al governo delle anime se non tristi, scandalosi, sacrileghi, apostati e scommunicati ? Oh abominatione lagrimabile, che tribulatione credete che sia quella di tanti devoti gentil huomini e religiosi senatori, quando pensano esser cosa ordinaria che doppo l'anihilatione della religione soglia seguitare la destruttione dei Stati e delle republiche e di già incominciano a provarlo, poiché nei Collegij, ne' Senati e ne' Consigli non è più chi ardisca parlar liberamente e dir quello che per sua conscienza sente, essendo riputato per ribelle chi non parla conforme alli dogmi e depravati sentimenti de' vostri scholari e de' vostri academici macchiavellisti, oltre ché un grossissimo numero di senatori, e forsi li migliori, sotto questo pretesto d'esser parenti di ecclesiastici adesso sono sprezzati et esclusi dai più importanti maneggi della Republica, onde mi stupisco come lo possino comportare. Oh bella libertà di Venetia ! Oh città sino adesso per questo capo tanto celebrata ! Ahimé per volerne haver troppo della libertà incominci meschina a perder quella che havevi ! Non si accorge Vostra Paternità che non è più lecito né parlar né scrivere, che tutte le lettere si aprono, in ogni luogo sono le spie, ogni cosa fa ombra, ad ogni uno non servato juris ordine si minaccia pena della vita, confiscatione della robba e mille miserie. Si fanno celebrar per forza e contro il dettame della conscienza alli poveri sacerdoti, si fanno essercitare le funtioni pontificali alli vescovi et agli ordinarij indebitamente facendo fare mille atti nulli e migliaia di sacrilegi, si sforzano i laici a metter le mani e negli ecclesiastici e nella lor robba, volendo che per forza commettino mille peccati et apertamente si dichiarino scismatici e contrarij della Chiesa romana e del Vicario di Christo. E quei che son congionti e parenti di vescovi, di preti o di frati sono guardati con peggior occhio che se fossero ribelli della propria patria. Adesso Venetia e le città dello Stato suo sono piene di soldati empij e scelerati; adesso gli heretici, gli apostati, i scismatici godono una diabolica libertà; adesso s'è dato campo franco ad ogni scelerato et ad ogni maldicente di parlare, di scrivere e di stampar'empijssime scritture contra gli eccclesiastici, contra il papa, contra la Chiesa, contra l'istesso Dio; adesso li concubinarij, gli adulteri, li bestemiatori e gli huomini tristi e di pervertissimi costumi trionfano: non vi par questa una bella libertà ? Libertà veramente satanica, nella quale a suon di trombe si sbandiscono le leggi sacrosante canoniche, i decreti de papi, i venerandi concilij, dove il tremendo tribunal del Santo Offitio s'incomincia haver in deriso et in ludibrio, dove i magistrati et i rettori secolari tanto temerariamente essercitano l'offitio et autorità di vescovi, non solo nelle cose ambigue et utriusque fori ma nelle mere mere sprituali. In che scompiglio et in che trepidatione, per non dir durissima servitù, credete che incominciano ritrovarsi i poveri sudditi dello Stato avvezzi a goder la maggior tranquillità che qual si vogli altro suddito del più mansueto prencipe del mondo? Che beneditione credete che diano a Vostra Paternità et ad altri pravi consiglieri che di tante rovine sono stati, e tuttavia sono, principalissima cagione ?
Ma ahimè, se il clementissimo Iddio non porge qualche rimedio a tanti mali, se ne veggono soprastare di molto maggiori ! Già la spada di Sua Divina Maestà è sfodrata, di già incomincia a tirar de colpi con tante grandini, tanti venti impetuosissimi, tanta intemperie d'aria et altre sciagure; colpi leggieri sin'hora, benché gravissimi, rispetto a quello ch'è solito fare contro a chi troppo sfacciatamente adisce di voler combattere come superbi giganti e sciocamente cozzare contro la stabile et inconcussa autorità della santa Chiesa e dei veri successori di Pietro —Tu es Petrus et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam et portæ inferi non prævalebunt adversus eam7
— et contro i suoi sacerdoti e venerandi ministri —Qui vos tangit me tangit e tangit pupilla oculi mei8
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Padre mio, dite a' vostri signori che durum est incidere in manus Domini9
, voi che havete letto assai e dell'antiche e delle moderne historie, mettete loro con realtà inanzi quanto aspramente et severamente Iddio habbia in tutti i tempi castigati gli sprezzatori delle censure ecclesiastiche e li prencipi derisori degli apostolici decreti de sommi pontefici. Che dico sommi pontefici, anzi delli vescovi e minimi sacerdoti ! Che ramarico harrete, se non havete fatto il cuore di macigno o di diamante, quando sopravenendo una crudele e funesta guerra vedrete li christiani ammazzarsi l'uno contra l'altro come cani arrabiati, andar la croce contro la croce, i figli contro il padre e correr le strade di sangue battezzato ! Ahi che dolore quando sentirete dire, e forsi vederete con gli occhi proprij, tante insolenze di perfidi soldati, rubbar le case di tanti innocenti, profanar'i tempij, violar le vergini, commettersi nefandissimi sacrilegij con le spose sacre di Christo e mille dishonestà con matrone honoratissime ! Ma quello che più d'ogni altra cosa vi dovrebbe affligere sarà il veder riempirsi il più pio et il più florido Stato del mondo d'insolentissimi barbari, empijssimi heretici, diabolici apostati et infamissimi scismatici. Oh quanto all'hora desiderarete di esser morto in fascia o non esser mai nato, più tosto che haver mai havuto parte o dato alcun malvaggio consiglio in questo fatto al vostro prencipe et ai vostri Signori ! Horsù padre reverendo, vi prego e vi scongiuro, per quel gloriosissimo sangue che il Figlio di Dio ha sparso in croce per noi, per quei sacrosanti voti che faceste quando vi legaste con vincolo di charità ad esser vero religioso e vero servo di Sua Divina Maestà e della Beata Vergine, con solenne professione per quell'habito sacro che portate, per quel venerabil carattere ch'havete di sacerdote nel ricever del quale prometteste una perpetua obedienza alla santa Chiesa et a'superiori vostri ecclesiastici.
Et ultimamente vi scongiuro per li tanti gloriosi et inefabili sacramenti, sacrificij che havete porti al grand'Iddio nella santa messa, a voler haver vero e real pentimento di quanto sin'hora malamente havete operato contro l'auttorità della Sede apostolica e che si come sin'hora il vostro consiglio e la vostra auttorità ha havuto forza di fare che cotesto prencipe e cotesti senatori si siano mostrati, e tuttavia si mostrano, contumaci, ostinati et inobedienti alla santa Chiesa et al sommo pontefice; così adesso voglia Vostra Paternità affaticarsi acciò resipiscant e conoscano che non haverà mai alcuno la Chiesa per madre chi non confesserà e riconoscerà, oltre Dio, anco per padre il capo di quella et il Vicario di Christo. Faccia Vostra Paternità loro conoscere che non è vergogna che i figli si mostrino humili et obedienti verso il proprio padre, anzi hanno per ciò sempre meritato grandissima lode. Ella che sa et è molto ben pratica di tutte l'historie, sì sacre come profane, li sarà agevol cosa far loro vedere quanta gloria et honore s'attribuisca a tutti quei imperatori, re, republiche e prencipi i quali essendo stati dai pontefici escommunicati si sono humiliati e, da buoni e veri figli, non si sono vergognati addimandar a quelli con profondissima humiltà l'assolutione e reconciliatione eshibendosi a far prontamente ogni aspra penitenza che da quelli fusse loro assignata; come per lo contrario sono restati appresso tutti li scrittori perpetuamente infami quelli che non hanno voluto mostrare questo segno di ricognitione et Iddio istesso con esterminar gli ha fatto a lor mal grado provare una durissima penitenza, e in questo mondo e nell'altro. Vorrei pure che poteste fare conoscere e cotesto prencipe quanto maggior gloria appresso il mondo tutto li sarebbe humiliarsi da se medesmo e ricorrere alla benignità del papa per se stesso, che mettendosi in mano del re di Francia o quello di Spagna, dover restar eternamente all'uno e l'altro obligato. Vostra Paternità che ha tanta entratura con Sua Serenità e con tanti di cotesti illustrissimi senatori, faccia in gratia che le dicano che cosa pensano che infine habbia da succedere perseverando in cotesta loro durezza; di già pruovano in quante angustie et in quanto scompiglio gli habbia posti un poco di carta da loro nel principio stimata per arma volgare benché gravissima e pesantissima, come a lor mal grado ogni giorno più esperimentano. Ma mettiamo che finalmente si venga alla guerra, che sarà ? Gli eventi della guerra sono dubbij, o che essi piglieranno della città al papa o che il papa unito con altri prencipi gliene prenderanno ad essi, siano pur sicuri che se mai si accommoderanno le cose bisognerà che restituiscano il tutto utriusque ad minimum quadrante, e che davantaggio domandino con humiltà quell'assolutione sforzatamente e dishonestamente, che adesso potrebbono ottenere con tanta loro reputatione. Già di ciò ne dovrebbono esser molto ben chiari havendolo più volte in lor medesimi esperimentato che all'incontro non sono così chiari se a loro dal papa e da quei prencipi fussero restituite le città prese.
Ma, di gratia, per terminare hoggimai queste differenze voglio che diriziamo un amplissimo tribunale in un grandissimo theatro, e nel supremo e più eminente grado di questo voglio che collochiamo la Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, doppo di mano in mano tutti gli angeli del Cielo, i beati del Paradiso, tutti i prencipi catholici, tutti li sovrani di tutto il mondo, tutti gli Hebrei, tutti gli heretici, tutti gli scismatici, tutti i pagani et il gran Diavolo con tutti li demonij e dannati dell'inferno. Poniamo in mezzo del theatro innanzi a questo gran tribunale il papa et li Signori venetiani che rapresentino le loro raggioni a tutta questa grand'università celestium terrestrium et infernorum. S'aspetti 'l voto di ciascheduno. Viva Iddio e la sua santa Chiesa che, per gli Venetiani et a favor loro, non credo che vi fussero altri che gli heretici et i scismatici, poiché i pagani et i Turchi istessi benché non credano nella nostra fede, sanno però et confessano il papa essere il supremo monarca di tutti i christiani, già vi dovete ricordare di quello che soleva dire Solimano imperatore loro che si maravigliava che ogni christiano non andasse a stare a Roma poiché poteva sperare di esser un giorno il supremo monarca della christianità. L'istesso confessano gli Hebrei, ma che gli Hebrei ! i demonij stessi vedendo nel papa l'auttorità divina et un vivo simulacro in terra del Grand'Iddio credunt et contremissunt.
Ma lasciando per hora la religione parlando anco in materia politica, a me pare che siano tenuti i Signori venetiani ritrattare quanto hanno fatto, se non vogliono portare nome di mancatori di fede ch'è il più brutto nome che possa havere un prencipe, non dico christiano, ma etiandio pagano. Sentite quello che dice Quintus Marcio appresso Tito Livio: Favere pietati fideique deos per que… populus romanus ad tantum fastigij venerit10
il quale attribuisce la grandezza della republica romana alla pietà et all'esser mantenitori di fede; e veramente li Romani furono, et appresso gli amici et appresso li nemici, sempre esquisitissimi osservatori della parola e fede data. Non merita nome di prencipe chi di tal macchia si truova imbratato, nota tanto brutta ch'essi stessi Venetiani l'hanno rimproverata con grandissimo stupore e nausea all'ultimo Selim imperatore de Turchi quando contro i capitoli e fede ruppe loro barbaricamente la pace, onde forsi Iddio per ciò volse castigarlo con quella memoranda e fiera giornata navale11
. Doverebbono pure li Signori venetiani racordarsi quello che sotto solennissmo giuramento con testimonij e fede publica hanno più volte promesso a' sommi pontefici et ultimamente già cent'anni alla santa memoria di papa Giulio II12
. Lor veggano se volendo questo titolo di prencipe fedele e mantenitore della sua parola deono con pertinacia et ostinatione diffendere le leggi e le parti da loro fatte essendo di diretto contra le promesse e capitolationi tante e tante volte solennemente celebrate. Non mancheranno a Vostra Paternità le migliaia di ragioni per convincere la loro durezza, il che s'ella farà, creda pur certo che oltre che ritornerà nella gratia di Dio, ch'è il maggior bene che dobbiamo e possiamo desiderare, sarà come amorevole figliolo ricevuta nel pijssimo grembo di santa Chiesa, acquisterà appresso tutti i buoni un nome immortale e, con operatione così nobile e tanto da tutto 'l mondo desiderata, non solo scancellerà la mala fama contratta ma resterà e benedetta e glorificata da tutti.
Di già s'accinga a questa generosa opera e da buon religioso, etiandio che ne dovesse andar la vita, scopri liberamente a cotesti Signori la bella faccia della verità christiana acciò et essi si lavino le brutte macchie già contratte per le tante e così prave operationi da loro fatte sotto pretesto di poterle con ragione fare et haver theologi e huomini intendenti che gliele comprobano et ahi quanto falsamente ! Movasi a ciò Vostra Paternità principalmente la gloria di Dio, la quale vedete quanto in cotesti paesi con li tanti sacrilegij ella venga malamente et bruttamente conculcata. Movetevi per la reputatione della vostra patria e di cotesta gran Republica ch'è stata alli tempi a dietro stimata per l'asilo della religione, il propugnacolo della fede catholica, la defenditrice de papi e della loro auttorità proclamata adesso per tutto il mondo dalle maggiori trombe che habbia la Chiesa di Dio per Republica data in reprobo senso per scismatica, per heretica et per diabolica. O Dio che infami titoli son questi de quali scrivano pur quanto vogliono i suoi consultori e theologi ella ne restarà malamente freggiata in perpetuo et quanto più cercheranno di difender e far difendere le loro poco christiane operationi tanto faranno le lor macchie più palesi che lor cicatrici più profonde ! Non è questa la via per riacquistare il perduto buon nome poiché sono troppo notorie appresso tutti i christiani le ingiurie fatte contro la dignità della Chiesa e della Santa Sede, non si possono difendere. Non so veder altro rimedio per ricuperar la lor primitiva dignità che una vera, buona e real penitenza, una humile obedienza et un perfetto conoscimento del loro errore, humanum est peccare, angelicum emendare, diabolicum perseverare13
. Il figlio prodigo doppo ch'egli hebbe riconosciuto il suo peccato e che tutto pentito et humiliato fece quella santa risolutione di andare pieno di contritione al suo pietoso padre, dicendoli e con la bocca e con il cuore Pater peccavi in celum et coram te14
e quello che segue, meritò di esser rivestito della prima stola e non solo fatto eguale ma più caramente accarezzato dell'altro figlio che mai della sua obedienza s'era partito. Questa istessa pietà et amorevolezza mostrerà loro il sommo pontefice imparata dal clementissimo Dio, il qual dice Quotidie ingenuevit peccator, non ampliu recordabor me15
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Movetevi a far caldamente questo officio per lo vostro proprio interesse poiché ditemi, vi prego, che vorrete voi fare finite che siano queste tensoni, apostatar forsi dalla religione e fuggir come han fatto molti altri religiosi che non si sono voluti humiliare alli pontefici delle Ginevre e nelle Germanie morendo infami et in miseria fra gli heretici e nemici del nome di Dio, overo con una penitenza disperata andar profugo come un Caim o impiccarsi come un Giuda. Non piaccia al Signor ch'io intenda mai tal cosa di voi. Movetevi per la reputatione della vostra Madre dico della vostra nobilissima religione, altrice di tanti santi, di tanti dottissimi et honoratissimi padri e di tanti eccellenti predicatori si nelle passate come nella presente età. Dovreste pur pensare che ignominia e che disgusto habbi portato un Martin Luthero alla religione di sant'Agostino, un Bernardino Ochino a quella de padri capuccini, un Savonarola a quella de padri domenicani stimato per un tempo tanto ma divenuto sprezzatore delle scommuniche e censure apostoliche; fu giudicato degno di opprobiosa morte e la maggiore parte delle sue opere tenute sospette come d'autore miscredente, se bene per riputatione della religione non sono mancati de suoi padri d'iscusarlo, quanto più han potuto. Che credete che pagherebbe la religione de padri gesuiti che quel Marsilio16
benche scacciato di molto tempo dalla lor Compagnia non havesse scritta e publicata quell'empia e scismatica scrittura di quelle otto non meno ignoranti che diaboliche propositioni, se pur è stato egli, come communemente si dice, per farsi a fatto scimia et imitattore di quell'antico Marsilio da Padoa heretico, non meno nella dottrina di quello ch'egli sia nel nome, in tanto che se Pitagora fosse vivo harrebbe ragion di dubitare che l'anima di quell'empio fusse passata in questo scelerato.
Che confusione credete che sarà della vostra religione appresso tutta la posterità, quando sentirà e per l'Historie e per le bocche degli huomini dirsi un maestro Paolo venetiano dell'ordine de servi fu quello che, avvelenando gli animi di molti presenti gentil Signori venetiani con dogmi e dottrine false fu cagione per lo gran credito che havevano alla sua persona aggionta l'inclinatione maledetta che hanno tal'hora prencipi alla diabolica ragion di Stato, di far che incominciassero a sprezzare i canoni, i concilij, le bolle et ordini de papi ! E pian piano venendo d'un sprezzo nell'altro si diedero finalmente a publicar leggi contro la libertà et immunità ecclesiastica, a metter preti prigioni presupponendo nel loro Stato esser prencipi assoluti e della robba e della vita degli ecclesiastici come sono di sudditi secolari, e talmente havevano imbevuta questa falsa dottrina che non fu mai possibile che il sommo pontefice né con le preghiere, né con le minaccie, né con le persuasioni di tutti i prencipi catholici, né finalmente col fulminar loro contra le più tremende armi spirituali di santa Chiesa poterli indurre ad humiliarsi. Ma indurando via più i loro cuori conservandosi fermi et ostinati dalle false persuasioni del detto maestro Paolo, il quale insieme con altri pravi consiglieri si sforzavano di far lor credere che havevano gran ragione, auttorità et potestà di promulgare tali leggi nel loro Stato. Onde ne fu necessitato il pontefice, per reprimer l'insolenza loro che ogni giorno si faceva più scandalosa, di congiunger l'armi temporali con le spirituali, et unitisi con Sua Santità quasi tutti li prencipi catholici, furono li Venetiani altre volte Signori pijssimi e catholichissimi necessitati, volendo perseverare nella lor durezza, gettarsi in braccio ad una infame colluvie d'heretici, i quali entrando nello Stato si talmente l'infettorno che in breve la vera religione s'incominciò a perdere, nascen fra loro decisioni civili e politici dispareri et i miseri non se n'avvedendo perderono la religione, la libertà et l'antico suo governo, et finalmente lo Stato.
Ecco gl'infelici frutti d'un mal seme d'un cattivo frate, non piaccia a Dio, non piaccia a Dio, non piaccia a Dio la terza rivolta, che facendo tante ruine nel più bel Stato del mondo e nel più felice paese soccorretelo, padre, per pietà, soccorretelo fin che ci è tempo ! Sia la vostra lingua la lancia d'Achille che favoleggiano i poeti, la quale haveva virtù di sanare le ferite fatte da lei medesima ! Se la vostra lingua ha impiagati i cuori di cotesti Signori, deh l'istessa sia quella che lor sani le piaghe e dove, merce alla mala dottrina, hanno fatto i lor cuori di pietra con la buona ritornino cuori di carne molle e pieghevole, acciò tutti contritti et humili siano fatti degni di ricevere l'assolutione delle tante scommuniche e sacrilegij ne' quali sono incorsi e con la violenza hanno fatto incorrere a tant'altri. E ritornati nella gratia di Dio e della santa Chiesa e pontefice romano si tranquillino le procelle e si rassereni quel cielo che mi par di vedere molto turbato sopra di loro poiché certo il Signor non lascierà andar'impunite, se da vero non si pentono, l'ingiurie e l'onte fatte con tanta sfacciataggine alla sua Chiesa, al suo Vicario et ai suoi ministri.
Padre, io voglio finire, e se le mie parole appresso Vostra Paternità non hanno forza o auttorità alcuna, fate che l'habbia quella gloriosissima Vergine, sotto lo stendardo della quale voi vi poneste quando prendeste l'habito della religione dei servi di Maria, la quale particolarmente si pregia di quel che li dà santa Chiesa quando canta Gaude Maria Virgo cunctas hereses sola interemisti in universo mundo17
. Questa toga, se volete essergli servo fedele a volervi affaticare acciò la veste inconsutile fabricata dalle sue divine mani all'unigenito figlio bagnata dal pretioso sangue di quello, ch'è la santa Chiesa, non sia guasta e lacerata e che a quella sia portato minor rispetto che fecero i soldati di Pilato. Sentite ch'ella grida unione, pace e charità !
Con questo, termino questo mio discorso più longo forsi di quel che si doveva, incolpatene l'amor che sempre svisceratamente vi ho portato. Non vi scopro per hora il mio nome perché non è espediente, ché lo potete imaginare se vi racordarete di quello ch'io vi dissi, pochi anni sono, quasi in proposito, quando nella partita mia da cotesta venni a visitarla in habito da viaggio. Desidero che la risposta a questa mia confusamente e senz'alcun'artificio scritta non curandomi che da altri che da voi sia fatta con l'opere e con l'essecutione acciò et io et tutti i nostri veri amici possino rallegrarsi e render gratie a Nostro Signore che fra Paolo de servi di Maria habbia riconciliato i Signori venetiani con Paolo V, servo dei servi di Dio, che sia quello che a tutti ha vero lume e perfetta cognitione di servirlo bene. Fiat fiat,
Di Napoli, li 18 agosto 1606.
- 1Cette lettre ouverte du jésuite Antonio Possevino (1534-1611) a beaucoup circulé en son temps et on en connaît de nombreuses autres copies comme, par exemple, celle de la bibliothèque Marciana de Venise (ms.it. VII, 1795(=7679), p. 129-149), celle de la bibliothèque civique Joppi d'Udine établie d'après un manuscrit de la famille Giovannelli di San Stae (Fondo Manin, 1325 Priuli, 168 III, p. 329-344), celle de la bibliothèque du musée Correr de Venise, de la main de Antonio Bonfini da Viterbo, copiste de Sarpi, qui est conservée parmi les papiers du doge Leonardo Donà (Fondo Donà delle Rose, b.486, fasc. 20, copie datée du 30 septembre 1606). A propos de cette lettre et de son auteur, voir Corrado Pin, « Tra religione e politica : un codice di memorie di Paolo Sarpi », in Silvia Rota Ghibaudi e Franco Barcia (Dir.), Studi storico-politici in onore di Luigi Firpo, II, Milano, Franco Angeli, 1990, p. 166-168 et du même auteur « Capo, maestro e consultore d'un infamissimo scisma : Paolo Sarpi e l'interdetto di Venezia del 1606-1607 », in Gino Benzoni (Dir.), Lo Stato marciano durante l'interdetto 1606-1607, Rovigo, Minelliana, 2008, p. 189. La veille, Possevino a envoyé une lettre de teneur identique à Marcantonio Capello, autre théologien de la République de Venise.
- 2La drachme est une unité de poids égale à 1/16e d'once, soit 1,7 gramme. Mesure utilisée au XVIe siècle pour peser les épices.
- 3Cette academia est le ridotto •Morosini.
- 4Allusion aux trois tentatives de Sarpi pour solliciter un évêché tranquille : Milopotamo en 1593, Caorle en 1600 et Nona en 1601.
- 5Etourderie du scripteur qui sait bien que Paolo Sarpi appartient à l'ordre des Serviteurs de Marie, comme il l'écrit à la fin de cette même lettre ? ou référence au fait que les communautés servites suivent la règle de saint Augustin ?
- 6Jean, 8,34.
- 7Matthieu, XVI,18-19.
- 8Saint Augustin, De amore, Liber I, § VII, De amore clericorum.
- 92 Samuel, XXIV,14.
- 10Tite-Live, Histoire romaine, livre IX, 42-43.
- 11Allusion à la victoire de Lépante (1571) où la flotte vénitienne, surtout avec ses galéasses, a grandement contribué à la défaite des galères de Selim II.
- 12Le 27 avril 1509, Jules II avait déjà fulminé l'Interdit sur le ville de Venise.
- 13Locution philosophique souvent attribuée à Sénèque mais que l'on trouve également sous la plume de saint Augustin.
- 14Luc, XIV, 18.
- 15Hébreux, VIII,12 et X,17.
- 16Il s'agit de Giovanni Marsilio, théologien et ex-jésuite napolitain, dont Paolo Sarpi évoque la mort (par empoisonnement ?) dans sa lettre 1612-02-14 à Groslot de l'Isle.
- 17Répons médiéval, d'origine orientale pour la mélodie comme pour le texte, chanté dans la liturgie monastique.