1608-10-13.A Castrino
Al molto illustre signor mio ossequissimo
Monsieur Castrino
Molto illustre signore colendo,
Il dubio, che ha ritenuto Vostra Signoria dal farmi degno delle sue lettere, è stato a molto pregiuditio mio, differrendomi l'occasione di prender servitù con lei et riverirla con lettere, sì come ho fatto con l'affetto già molti mesi, doppo c'hebbi cognitione del suo nome per relatione di monsignor dell'Isle. Questo è stato molto ben conosciuto dall'illustrissimo *Foscarini et da monsignor *Leschassier et per tanto l'hanno assecurata ch'io havrei ricevuto le sue lettere in gratia. Né prendo molta maraviglia se essi, come buoni curatori del bene d'un suo servitore et amico, hanno amplificato in me quelle conditioni che potessero rendermi a lei amabile et favorabile, essendo in sé così tenui che quando non fossero da tali huomini aggrandite, non potrebbono per loro stesse mostrare alcuna apparenza. Non conosco in me alcuna buona qualità, salvo che un ardente et intenso desiderio di conoscere et riverire gl'huomini di buontà et eruditione, et questa molto mi giova, servendomi come per una mano a ricevere dalla gratia loro quello che mi manca, come cotidianamente ricevo da monsignor Leschassier diverse instruttioni sode et recondite che molto mi sono di giovamento et da monsignor dell'Isle quello che mi viene somministrato delle cose che qua ci mancano, et spero di ricevere anco alla giornata da Vostra Signoria. Mi dispiace bene di non essere sufficiente per corrisponderli, salvo che in affetto, attesa la mia bassezza, nondimeno mi sforzerò d'alzarmi per riuscirli servitore se non utile, almeno non dispendioso. La partita di monsignor dell'Isle mi duole, privandomi di quella comunicatione che haveva ogni 15 giorni con esso lui per lettere, si mitiga però il dolore per la sostitutione che egli ha fatto di Vostra Signoria dalla quale spero altretanto.
Non è maraviglia che don Pietro di Toledo2 facia delle dimostrationi di trattar gran negotij, è natura spagnola curare più l'apparenza che l'esistenza, io solo mi maraviglio con che prudenza habbino creduto poter inganare un re vechio, versato in ogni fortuna, et circondato da così savio conseglio. Habbiamo qui aviso, tenuto per certo, che il negotio di tregua3 che trattavano con li Stati sii a fatto interroto, il che si sente con piacere, non perché si vegga volontieri la guerra et il travaglio di que' signori, degni d'ogni bene, ma perché porge materia di rallegrarsi che non sijno stati inganati da artificij così sotili.
La impietà et vanità di que' magi che sono impregionati et castigati è stata eccessiva ma, intervenendovi preti et essendo anco causa di religione violata, mi sarà caro sapere da qual foro sono giudicati et se ufficiali del vescovo intervengano in parte alcuna del giudicio4. Resto con molto obligo a Vostra Signoria della fatica che prende per ritruovare li libri che desidero; quello dell'Inglese è senza dubio opera degna, io lo scuopro manifestamente dalla risposta che vi fa un giesuito, la quale egli ancora ha intitolato ▪De modo agendi Jesuitarum.
Quello di Elia5 mi viene comendato; ho per inditio di stimarlo che l'auttore sij stato di quella Compagnia ma riceverò in gratia da Vostra Signoria che ella ne facia prima giudicio, né lo mandi se non vede che meriti esser ricapitato tanto di lontano. Mi scrive monsignor dell'Isle haver truovato il Franc et veritable discours6. Questo io già l'ho, non fa bisogno mandarlo; mi dice insieme che possa havere le arenghe di Arnaud et Dolé del 15947 contro i giesuiti. Le vederò con gran piacere, sperando haverne qualche frutto, sì come prego anco Vostra Signoria, quando occorri alcuna loro attione degna d'esser notata, si degni farmene parte.
Habbiamo aviso che le cose di Austria et degl'altri Stati patrimoniali di quella casa vadino sempre più turbandosi et che quelli della confessione augustana8 s'ingagliardiscano, il che però non dà molto pensiero a Roma, dove dicono che in quelle regioni vi è poco da perdere9. Il pontefice sta occupato con alquanti delli baroni romani fatti rei per imputatione d'haver ricelato banditi. Se si truovaranno colpevoli, al meno componeranno in qualche somma, come sin'ad hora ha fatto il marchese Cesis10 in 30 000 scudi che non è però quantità considerabile, poiché non uguaglia se non la quinta parte dell'entrata d'un anno che possiede il cardinale Borghese11.
Per fine di questa, prego affettuosamente Vostra Signoria che mi dij qualche occasione di adoperarmi qui in suo servitio et farli cosa grata, acertandola che non potrà ricever favor maggiore. Et insieme si degni continuar nella stessa benevolenza, sì come io continuerò nella stessa osservanza, et non interrompere questo commercio di lettere che per sua gratia li è piaciuto incominciare. Et con ogni riverenza le bascio la mano.
Di Vinetia, il 13 ottobre 1608.
Di Vostra Signoria molto illustre
Devotissimo servitore
F. Paulo di Vinetia