1608-11-11.A Groslot
Molto illustre signor
Le lettere di Vostra Signoria delli 28 settembre sono restate in Lione 15 giorni di più, insieme con tutte le altre del signor ambasciatore et private et pubbliche, et arrivate qui solamente il 9 del presente, con mio dispiacere, sentendomi privato del gusto et frutto che ricevo da tutte le sue considerazioni. Il pacchetto direttivo a monsignor *Asselineau ha patito, per l'istessa causa, l'istessa dilatione. È però venuto ben conditionato et io gliel'ho consignato.
Il desiderio mio di penetrar qualche poco negli arcani delli giesuiti, non è una curiosità o vanità, ma il più utile, anzi necessario, disegno che io possi intraprendere in questo tempo. Non dirò prevego, anzi più tosto veggo le insidie che ordiscono et temo che noi stessi finalmente combatteremo per loro contro noi, onde conviene prepararsi ad una guerra esterna et civile insieme, non senza speranza che la diligenza anticipata non sij per riuscir vana. Vostra Signoria riprende ragionevolmente la nostra (dice ella pazienza) dico io negligenza, la qual ci condurrà allo stato ch'io dubito, ma ci riprenderebbe più, se la vedesse più da vicino. Non stimo tutti gli altri nemici un punto, rispetto a questi; perché sono più in unione, più costanti et arditi, et più insidiosi et arrabbiati. La corte non è tutta unita, ha ancora occupatione nelle proprie ambitioni et delicie; questi, vacui d'ogni pensier vano et buono, non danno luogo se non alli maligni. Il nostro bene sarebbe che facessero qualche cosa aperta, che ci svegliasse, ma essi, savij, vegono che sarebbe operar a nostro favore.
Il salvo condotto di che ella parla4, fu veduto et considerato et stimato come si doveva, et varij discorsi vi sono stati fatti sopra. La deliberazione passò, secondo il solito, a portar tempo inanzi. Il male è che questo si scordarà et non si sopraponerà alle altre insolenze che quell'huomo fa alla giornata. La partita di fra Fulgentio, in verità, non fu offesa pubblica, perché egli non era servitor pubblico, non stipendiato, non pigliato particolarmente in protettione, se non solamente per la legge generale fatta, che tutti li ecclesiastici che non hanno servato l'interdetto fossero sotto la protettione del principe. Meno a fra Fulgentio fu mai comunicata cosa alcuna secreta, né meno mai dimandatoli parere suo; egli ha predicato, come fece, di sua volontà, onde non si vede perché si possi dolerci della sua partita. Veramente non è ingiuria alla Republica, se non che sij stato fatto per ingiuriarla et che tuttavia si reputi che ciò sij una ingiuria fattagli. Si è fatta a Roma gran demostratione per la sua andata, hora le cose sono raffredate o perché lo scoprino pazzo, come egli è, o perché da principio dissegnassero che la cosa tornasse dove si vede che s'invia. Comune opinione è che egli haverà breve vita.
Hanno di nuovo comandato a quel padre Michel Viti, che fu la scorta delli miei sicarij, che partì da Roma. Et in Ancona hanno fatto imprigionare la seconda volta il Parasio5, uno di essi. Io non intendo questi misterij ma vado con molta cautione, più acciò essi restino defraudati del suo desiderio che per stima ch'io faccia di me stesso. Come Vostra Signoria dubita ch'io lasci di credere li avisi datimi da lei poco tempo fa ! Io li credo et li tengo per certi. La corte romana et il suo capo non si scordano che habbiamo voluto conoscere la sua onnipotenza; il qual mancamento è il sopremo possi esser comesso contra loro: perché sospirano così alla vendetta come a rimettersi nel grado di prima et per effettuar questo non perdonneranno ad ogni opera et fatica. Però soli non faranno niente. Li Spagnoli sanno benissimo che non è per loro il muovere in Italia, dove con la pace acquistano cotidianamente senza pericolo et con la guerra si esporrebbono al perdere tutto. Adesso che sappiamo le cose passate più certamente, li consegli loro s'intendono. Dio volesse che non ci facessero più danno con la pace che con la guerra.
Non ci sono così noti li consegli vostri: non possiamo in modo alcuno intendere né il gran favore prestato alli giesuiti, né la grand'opera per far seguir la tregua in Hollanda6. Io credo che mai nessuno ha bevuto nella Taccia tanto et quasi credo sij evacuata tutta et non per ignoranza, come molti, né per debolezza di cervello, ma con deliberata volontà. Dio soprasta a tutti li consegli, io spero assai nella sua bontà: perché chi è in errore qualunque è inganato. Quanto al mio particolare, so che non piace alla Maestà Divina l'uso dell'inopportunità: non resto di rendermi ogni giorno et più pronto et più atto se l'occasione si presenterà d'adoperarmi et son come l'artefice che, nel tempo inetto all'opera sua, si fornisce di materia per l'opportunità, la qual se non venirà, l'amassato potrà servir a qualch'altro. D'alcune cose posso provedermi da me, delle altre di che ho bisogno, ricorro alli benefattori come a lei nella materia de' giesuiti; in che è necessario che il gentilhuomo scozzese di cui Vostra Signoria mi parla, habbia molto penetrato poiché a studio se vi è posto dentro riceverò con molta gratitudine qualche cosa di quelle se Vostra Signoria potrà acquistar alcuna particella, come anco di quello c'ha scritto ▪De modo agendi, quale stimo grandemente solo per la risposta fattagli da loro, come quella che mette in vista un'ongia dell'animale.
Resto molto obligato a Vostra Signoria per la cognitione che mi ha fatto havere di monsignor *Castrino, dal quale havendo già ricevuto due lettere, lo scuopro compitissimo et in somma capace dell'amicitia di Vostra Signoria, qualità principale per farmi riverire qualunque.
Ritornando alli giesuiti, tengo per verissimo (come Vostra Signoria dice) ch'essi sijno li dissegnatori nelle motioni di Germania: ma perché non li vedo adoperarsi apertamente con la spada a lato, come facevano nelle cose di Francia, mi persuado che non sij il negotio al colmo dove dissegnano tirarlo per adoperare visi, anzi piu tosto un preludio indegno della prova de' gladiatori valorosi et veterani.
Questi buoni padri fabricano un solenne collegio in una picciola et sgratiata terra che si chiama Castiglione7, nel territorio mantuano, distante da Brescia et da Verona 20 miglia da ciascuna. Quel luoco non ha tanti habitatori quante stanze preparano essi et ardiscono publicare, ma sotto mano, che farà per scolari bresciani et veronesi. La fabrica si fa con tanta celerità come d'una cittadella sotto quale s'aspettasse l'assedio, il rimanente resterà a giuditio di Vostra Signoria. Quello che sarà fatto qui, non lo posso prevedere. Li dirò solamente che essendosi scoperto che alcuni Triviggiani dovevano andar al loro collegio a Parma, è stato comandato a tutti quelli c'hanno beni di non uscir dallo Stato per causa di studio. Usciamo dell'hipocrisia.
Quanto ad Avignone, quello che io so è che havendo l'ultimo conte di Provenza, di razza spagnola, sole figlie femine, maritò la primogenita a Luigi IX santo et altre altrove; alla morte, si truovò l'ultima da marito, alla quale lasciò la Provenza per testamento. San Luigi pretese nullità et che lo Stato fosse di sua moglie et se ne impossessò; ma dopo, diede l'ultima figlia del conte a Carlo d'Angiò, suo fratello, cessali la Provenza. Di questo matrimonio viene dopo più successioni Giovanna, che vendè Napoli8. Il punto adunque sta, se San Luigi cesse al fratello la sopranità di Provenza, approvato il testamento del suocero, et confessando la sua moglie non haver raggione et sé usurpatore, o pur se gli concesse per gratia o per transattione l'utile, riservatasi la sopranità. Di questo ne ho scritto a lei, perché è cosa da sapersi non per scrittori, ma per li atti di quel re che si conservano, credo io, nella camera delli conti di Pariggi.
Quanto all'assemblea che sarà stata tenuta, m'imagino che sarà riuscita con qualche diminutione di bene; però, in questo tempo, quello guadagna che discapita poco. Mi sarà grato sapere la risolutione, sii qual si voglia.
Scrivo qualche cosa di nuovo a monsignor Castrino, che lo comunicarà a Vostra Signoria, al quale non voglio essere più noioso con la longhezza di questa ma farò fine, basciandogli riverentemente la mano. Li signori *Malipiero et *Molino li rendono infiniti saluti et maestro Fulgentio* parimente.
Quando piacerà a Vostra Signoria inviare alcuna cosa per Bergamo, per far ogni cosa con tal sicurezza, potrà cuoprire il pachetto con una soprascritta Al clarissimo signor Domenico da Molino in Vinezia et sopra quella All'illustrissimo signor capitanio di Bergamo9, in Bergamo.
Di Vinetia, il dì 11 novembre10 1608