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1609-07-07.A Groslot

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Molto illustre signor colendissimo
Ho ricevuto tutt'insieme per questo dispaccio una di Vostra Signoria delli 27 maggio et un'altra delli 10 giugno, le quali sono state a gran pericolo di perdersi qui, cosa che mi sarebbe spiaciuta molto. Il tutto è riuscito bene, Dio lodato.
Adesso qui s'attende al negotio dell'abbacia4, il quale non so pronosticare come sij per haver la riuscita; Dio facia che sij a gloria sua ! Assai male viene di costì. La favola d'Esopo porta il vero, che la volpe, perduta la coda alla trappola, consegliava che ciascuna tagliasse la sua. Li Spagnoli trattano in Roma con assai decoro. Hanno mandato don Francisco5 ambasciator là, con tutto che il papa non gustasse quell'andata; si lasciano intendere non voler che sijno messe pensioni sopra loro beneficij, per Italiani in testa de' Spagnoli; essendo stata interdetta una città in regno di Napoli, hanno fatto rissentimento molto gagliardo contro il vescovo. Da questo però Vostra Signoria non concludi che essi vogliono rompersi o perdere il dominio che hanno, ma sanno in che modo convenga procedere; alcune donne non amano se non chi le batte.
Il mondo ha opinione che, fatta la tregua6, si pensi ad altra guerra et che solo si differisca per prender fiato. Io posso ingannarmi, ma tengo che il fine di chi governa sij havere una pace perpetua, et che non romperanno con nessuno, se però non saranno tirati per forza.
Le cose di Parma7 sono andate tutte in silentio. In fatto, questa è una staggione di secolo inchinata molto al comporre le cose; io credo che se anco doi eserciti fossero a fronte, partirebbono d'accordo senza sfodrar spada. Poiché le cose di Boemia passano senza sangue, si può sperare che altra guerra non convenga a questi tempi, se non di parole. Inditio grande anco ne dà il libro del re d'Inghilterra8. L'armata dei Turchi non farà gran cosa, poiché tanto tarda ad uscire.
Ho inteso le disgratie del padre *Cotone; la pace segue sempre dove vi è interesse d'ambe le parti per accordarsi: egli con qualche maggior servitio, o con dar speranza di farlo, accommoderà ogni cosa.
Le Ordinationi scritte mandatemi dal signor *Castrino, sono parte troppo minima di quella politica: sono alcuni capi raccolti dalle Constitutioni9, quali danno saggio di esse, ma non gusto intiero; io dispero di poter mai vederle, et con raggione, perché quando li misterij sono publicati è tratto il loro valore. Non posso credere che voi siate ingannati da loro, ma più tosto che li vostri interessi comportino che mostriate di non vedere et di non sapere.
È vero che si è fatto il capitolo del mio ordine dove forse alcuni disegnassero qualche cosa, ma anco noi siamo stato sopra le avvertenze10. È piaciuto a Dio che sij riuscito il disegnato da noi. Nella congregatione dei camaldulensi tenuta in Roma, non è fatta risolutione alcuna di rilievo: si tentano cose assai, che riescono vane.
Sono passate alcune lettere tra monsignor *Hotman et me, con molto mio piacere, che lo scuopro gentil'huomo molto sensato. Viddi già più mesi certa raccolta fatta da lui di scritture che trattano l'argomento della concordia11, quale mi fu portata da un gentil'huomo che venne di costì. Io lodo il zelo et li mezzi mi paiono ottimi, però bisogna aspettare la congiuntura del tempo per usarli, che fuori della conveniente opportunità non fanno effetto se non contrario. La scienza dell'opportunità (disse Socrate) è sola degna et sola patrona. Io tengo che molte differenze sijno pure verbali et mi eccitano alle volte a ridere, altre potrebbono restar salva la pace, altre con facilità si comporrebbono, ma il tutto è che ambe le parti sono d'accordo in questo, di non volersi comporre et di reputare la dissentione irreconciliabile. Doi litiganti mai s'accordano sin che vi è in alcuno d'essi speranza di vincere, ma dove vi è certezza non bisogna pur nominar l'accordo. Ambe le parti al presente tengono per certo dover restar superiori: una per mezzi divini, l'altra per humani12. Per la prima, l'entrar nelli secreti di Dio è cosa molto ardua, né con tutto ciò s'ottiene che al secondo capo degli Atti apostolici sij vietato il pensarci; per la seconda, sono troppo fallaci li consegli humani et poche volte riesce anco quello che i prudentissimi disegnano.
Non posso penetrar in modo alcuno il senso di quelli che dicono: Dio ha predetto et voluto questo et tuttavia si faticano acciò non sij. Ma dell'astrologia giudiciaria bisognerebbe parlarne con qualche romano, essendo quella in voga nella loro corte, che in questa città, con tutto che vi concorra ogni abuso, questo mai ha potuto haver luoco. La vera causa è perché qui le persone non aggrandiscono se non per gradi ordinarij et usitati: nessun può sperare oltre lo stato suo, né fuori dell'età conveniente. In Roma, dove hoggi si vede nel supremo grado chi hieri era nell'infimo, la divinatoria è di gran credito. Che miseria è questa humana di voler sapere il futuro ! A che fine ? Per schifarlo ? Non è questa la più espressa contradittione che possi esser al mondo ? Se si schifarà, non era futuro et fu vana la fatica. Io nell'età di anni venti attesi con gran diligenza a questa vanità, la qual se fosse vera, meritarebbe che mai si attendesse ad altro. Ella è piena di principij falsi et vani, di onde non è maraviglia che seguano pari conclusioni; e chi ne vuol parlar in termini di theologia, credo che la truovarà dannata dalla Scrittura divina (Isaia, c.47). Sono anco assai buone le raggioni di Agostino contro questa vanità (De civit. Dei, lib. 5, c.1-3 et 4 ; Confess., c.3 et 5 ; Confess., c.3, 6, 7 et 2; Super Genesim, c.16 et 17). Se costì fosse un re mutabile, che ricevesse in gratia hoggi questo, dimani un altro, l'astrologia pigliarebbe molta fede, et se fosse giovane, perderebbe anco quella che ha. Io tengo poche cose per ferme, si che non sij parato a mutar opinione, ma se alcuna cosa ho per certa, questa n'è una: che l'astrologia giudiciaria è pura vanità.
Io mi lascio trasportare dal piacer che sento nel scriverli, senza avvertire alla noia che ella sentirà nel legere. Non conviene che passi più inanzi. Prego Dio che doni ogni felicità a Vostra Signoria, alla quale bascio umilmente la mano come fanno parimente il padre Fulgentio13 ed il signor *Molino. [Quest'ultimo mi dice che non mancherà di scrivere a Vostra Signoria per pregarla d'una copia dell'ultima scrittura. A me sarebbe grato che tutta la nostra nobiltà seguisse i suoi sensi]14.
Di Vinetia, il 7 luglio 160915.

 

 

1. Le nom et la signature du copiste, Jacques *Dupuy, apparaissent sur la page de titre du manuscrit.
2. La BnF conserve une autre copie [Italien 1440, p. 183-190] : De la bibliothèque de Mr le P. Bouhier, B44, MDCCXXI.
3. La copie ne comprend pas l'adresse.
4. Voir Notices historiques : l'abbaye de la •Vangadizza.
5. Voir notices biographiques : Francisco *Fernandez de Castro.
6. Voir Notices historiques : la •trêve de Douze-ans.
7. Ranuccio I Farnese (1569-1622), 4e duc de Parme et Plaisance, est également 5e duc de Castro et le déclin de la maison Farnèse attise les convoitises des Barberini. En 1606, le duc ayant modifié le droit de chasse à son unqiue profit, la noblesse se rebiffe ; le duc écrase cette "conjuration" dans le sang en faisant décapiter le marquis Gian Francesco Sanvitale, la marquise Barbara Sanseverino (1564-1606) et son mari, le comte Teodoro Scotti, et d'autres. Voir Alberto Cadoppi, La gran congiura : il processo di Ranuccio I Farnese contro i feudatari parmensi 1611-1612, Parma, MUP, 2012. 
8. Voir Notices bibliographiques : ▪Triplici nodo triplex cuneus.
9. Voir Notices bibliographiques : ▪Constitutiones et declarationes.
10. C'est Sarpi qui écrit la Relazione al governo di Venezia del capitolo dell'Ordine de' Servi dell'anno 1609.
11. Voir Notices biographiques : Jean *Hotman qui travaille à la pacification des relations entre catholiques et protestants.
12. Selon Sarpi, les moyens divins seraient l'apannage de l'Eglise protestante alors que l'Eglise Romaine s'appuierait sur des moyens plus humains.
13. Voir Notices biographiques : Fulgenzio *Micanzio.
14. Passage absent des manuscrits Dupuy 766 et Italien 1440 : cet ajout est vraisemblablement l'œuvre de Gregorio Leti.
15. L'édition Polidori porte la date du 2 juillet 1609.

Type scripteur
  • Copie

Scripteur
  • Jacques Dupuy1

Chiffrement
  • non chiffrée

Signature
  • non signée

Lieu
  • Venise

Source
  • BnF, Dupuy 766, f. 14r-v2.

Editions précédentes
  • G. Leti, 1673, lettre XXIX, p. 173-179,

  • G. Fontanini, 1803, lettre XXIX, p. 271-274,

  • F-L. Polidori, 1863, I, lettre LXXX, p. 266-271,

  • M. Busnelli, 1931, I, lettre XXVIII, p. 84-87,

  • G. da Pozzo, 1982, lettre XII, p. 592-595.