Illustrissimo signore,
Non senza afflizione dell'animo, mi accorgo che lo zelo della pura Religione va negli uomini di queste parti raffreddandosi: il che ci dimostra o che esso non procedeva da Dio, o che noi siamo decaduti da quella grazia ch'egli aveva in noi cominciato ad operare. Se di ciò, poi, vorremo discorrere secondo le ragioni umane, due troveremo asserne le cause: l'una che la nota meretrice avendo sperimentato che le minacce e gli aspri modi a nulla giovavano, diedesi a far carezze; l'altra che in mezzo a questo superlativo rumore d'armi, uno è il pensiero di ambedue le parti che, cioè, si mantenga la pace d'Italia mentre, per lo contrario, noi avremmo ragioni assai per desiderare la guerra. Né già per questo noi la scansiamo, ma solo dilazioniamo di farla in tempo e stato di cose meno opportuno.
Non so affidarmi nei moti della Germania: quei popoli io vedo deboli e divisi. I Batavi, all'opposto, sono forti, concordi, industriosi: in questi è la mia speranza. Spero altresì che in breve sarà stabilita una scambievole e ordinaria ambasceria tra essi ed i Veneziani: il che gioverà non soltanto ai maneggi politici, ma eziandio alla Religione riformata, perocché questa potrà esercitarsi in casa dell'ambasciatore. Sento che ancora i Grigioni pensino ad avere un agente publico in Venezia: di che nulla sarebbe al presente più opportuno perché ad esso farebbero capo le migliaia di essi che qui soggiornano e, che più importa, l'esercizio della Religione diverebbe libero ancora agli Italiani.
In quanto spetta alle altre cose, non potrebbero con sicurezza mandarsi le lettere pel nuovo ambasciatore veneto, il quale è per venire costà. Noi facciamo tutto quello che ci è possibile, tuttavia, con cautela di non chiuderci l'adito alle opportunità maggiori che fossero per venire.
I Fiorentini vanno macchinando una lega generale fra tutti i principi di religione romanesca: il che non può dispiacerci, come utile esempio ed eccitamento a quei che professano la Religione riformata. Faccia Dio che ogni successso ridondi finalmente a sua gloria, mentr'io lo prego che voglia rendere la Signoria Vostra eccellentissima sempre più adorna di tutte le sue grazie.
Stia sana
[Venezia] 14 agosto 1610
d'après F.-L. Polidori
1. Les Mémoires et correspondance politique de Duplessis-Mornay pour servir à l'histoire de la réformation et des guerres civiles et religieuses en France, sous les règnes de Charles IX, de Henri III, de Henri IV et de Louis XIII, depuis l'an 1571 jusqu'en 1623 ont été réunis et copiés sur son ordre par ses secrétaires René Chalopin et Jules Meslay, dirigés par le fidèle Jean *Daillé. L'ÖNB de Vienne conserve le manuscrit 6189 du fonds Marco Foscarini : Copies de lettres ecrites par le père Paul a Mr Du Plessis Mornay prises sur les originaux par Mr [Jean de *Jaucourt] de Villarnoul, seigneur de la Forest-sur-Seure (Ex fido et probo exemplari descripsi). Cette lettre (n° 26) est au feuillet 44r-v.
2. Le volume 368 des Mémoires de l'an MDCVIII-IX et X porte le sous-titre : La négotiation de Venize.
3. Sarpi reprend ici une métaphore désormais établie par Dante et Pétrarque pour fustiger l'Eglise romaine. Il l'a également utilisée dans sa lettre 1610-01-05 à Groslot et dans ses lettres 1609-12-08, 1610-07-06 et 1611-08-16 à Duplessis.
4. Sarpi évoque le projet de constitution d'un front européen anti-romain qui unirait Venise aux Etats réformés. Déjà évoqué dans ses lettres 1609-05-12 à Duplessis et 1609-11-18 à *Priuli, ce projet a trouvé un commencement de réalisation avec la nomination à Venise de Cornelis van der *Myle, en août 1609.
5. Le nouvel ambassadeur vénitien attendu en France pour succéder à Antonio *Foscarini est le "papiste" Giorgio *Giustiniani, en qui Sarpi n'a pas confiance (voir lettres 1610-03-16 à *Castrino ou 1610-04-27 à *Groslot).