1610-09-29.A Hotman J
Molto illustre signor colendissimo
Ho ricevuto con augmento di obligatione quella di Vostra Signoria delli 10 et il tenore della capitulatione accordata con quei di Giuliers1, cosa che non possi negare esser successa contra la mia espettatione, non potendomi persuadere che quella fortezza non fosse soccorsa da chi haveva grand'interesse che non cadesse in mano di chi hora la possede2. Ma non sempre l'huomo, massime lontano, può far buon giudicio per non saper le cause più principali et più intime. Forse l'arciduca Alberto3 haveva qualch'infirmità in casa che lo teneva occupato là, come in cosa più importante. Al presente ancora, resto tutto perplesso non valendo per penetrar la causa perché li Francesi et Hollandesi habbino deliberato un così presto ritorno alle case loro, poiché vi erano molte cose che si potevano fare per stabilir meglio l'acquisto, capitulando qualche cosa con vicini, et quando altro non ci fosse fatto, si sarebbe almeno avantagiato il partito nella conferenza di Colonia. Si vede in questo successo una tanta fretta al ritorno, che quasi pare più tosto fuga che ritirata, la qual cosa congiongendo con l'aviso che habbiamo dell'accomodamento successo tra Cesare et il re suo fratello, et la deliberatione della lega ecclesiastica di Germania4 di fare 15 000 fanti et 5 000 cavalli, de quali Spagnoli pagheranno 3 000 fanti et 1 000 cavalli, mi fa credere esserci poca dispositione alla concordia et che le genti suddette si potranno congiongere con quelle di Fiandra, et far qualche impresa, trovando gl'altri poco proveduti.
Però molto ben m'accorgo il mio pensiero haver poco fondamento ritrovandomi con sola cognitione delle cose apparenti, et massime quando veggo quanto poco penetro nelle cose d'Italia, le quali mi sono vicine.
Intorno queste habbiamo di nuovo che già 15 giorni arrivò corriero da Parigi a monsignor Des Diguières5 che si tenesse preparato per poter raccoglier gente sprovistamente, in agiuto del duca di Savoia, quando li fosse bisognato. Qual corriero passò a Roma, tre dì doppo, per portar al pontefice che li Francesi havevano disarmato sotto la parola di sua santità, che Spagnoli haverebbono fatto l'istesso; ma hora, vedendosi non solo non effettuata la promessa, ma ancora le armi in Milano augumentate, si è deliberato in Francia di armare et di aiutare il duca. Esso duca ancora, se bene si ritrovasse 18 000 in arme ben pagati, ha dato ordine al duca di Nemours6 di levar 4 000 Francesi appresso. Le arme spagnole sono a quel numero che già scrissi7 a Vostra Signoria, senza capitano ancora, aspettandosi a questo effetto il contestabile di Castiglia8. Senza dubio, se li Spagnoli in questo stato di cose sarano li primi a desarmare, tutta la reputatione loro sarà perduta, et in luogo di dar lege al duca di Savoia, come dissegnavano, resterà che le recevino da lui. Con tutto ciò, la commune opinione delli più intendenti è che non vorrano guerra in modo alcuno. Il duca ha mandato il suo secondo genito9 al viaggio di Spagna ma per la Francia10, et lentamente; volendo ch'il vescovo di Vercelli11 mandato per via più corta, vi gionga prima. Peril che resterà in libertà del duca di far fermare o revocare il figlio, quando li piacerà.
Ma se la guerra non si facesse in Italia (poiché quando anco Spagnoli non la volessero, altri potrà forzarli a volerla), che si farà di tanta gente radunata, se non si manda in Fiandra ? et eccoci alle difficoltà medesme. Forse li Spagnoli sono ancora incerti di che fare, et si risolverano o all'una, o all'altra di queste deliberationi, secondo che li successi consegliarano. Io ho trattenuto —anzi anoiato Vostra Signoria— con questi discorsi, non havendo successi da scrivere, ne volendo tralasciar di rispondere alla gratissima sua per desiderio di conservare l'istesso luoco nella sua memoria et gratia. Le scrissi ancora già 22 giorni pur in risposta d'un'altra. Mi duole che sij a Vostra Signoria servitor inutile, nondimeno confidando ch'ella riceverà l'animo per effetto, starò sempre in deliberatione di continuar sempre l'istessa servitù et pregherò continuamente Dio Nostro Signore che doni a Vostra Signoria ogni vero bene, alla quale bascio humilmente la mano.
Di Venetia li 29 Settembre 1610
Di Vostra Signoria molto illustre
Affettionatissimo servitore
f. Paulo da Venetia