1611-06-22.A Groslot
Molto illustre signor colendissimo
Non ho intermesso di scrivere a Vostra Signoria doppo l'haver ricevuto il suo commandamento di doverlo fare, ma qui scriverò et, hoggi quindeci giorni sono, li scrissi, quantunque quel dispazzo non m'havesse portato alcuna sua. Con questo ho ricevuto la gratisima delli 20 maggio, con la allegata di quel signore d'Inghilterra quali ho recapitato4.
Stiamo tutti con gran maraviglia che differisca così longamente la nuova editione dell'▪Anticotone. Io l'attribuisco alla prudenza di chi vuol veder l'essito dell'assemblea. La fama sparsa che dalli ugonotti fosse stato ucciso il re, senza dubio viene da chi vuol guerra per causa di religione, et ho gran dubio che la prudenza degl'huomini savij non sarà bastante a impedir che non nasca qualche seditione causata da tal'inquieti, la qual faccia la querela universale. Pur, la divina provvidenza soprastà a tutti i dissegni humani.
Il duca di Savoia ha pur disarmato, né a Turino si tratta altro se non sopra il tumulto che nacque dalla falsa nuova che il duca fosse stato ucciso; della quale non potendosi penetrare in muodo alcuno né l'autore né l'occasione —aggionto anco che l'istesso tumulto è successo in altri luoghi del Piemonte et in tutti contra Francesi— fa star molto dubij li speculativi, se questa sia cosa che debbi portar seco consequenza5.
Le nuove di Germania sono piene di tanta confusione che non è possibile far giudicio dell'essito, se non questo universale che l'imperatore resterà affatto senza nissuna reputatione et passerà questa qualità anco nel successore, sia chi si voglia. Et li regni d'Ongaria et Bohemia, perduto l'imperatore, non saranno acquistati al fratello se non in nome; ed essi, in luoco di libertà, daranno in una confusione che potrebbe esser facilmente la loro ruina et avantaggio de' Turchi. Li quali, se concluderanno la pace di Persia come sono vicini a fare, volteranno le loro armi nell'Ongaria, dove già pullulano li semi delle discordie, per la causa di Transilvania.
Le confusioni di Germania non dispiacciono a Roma —come alcun crederebbe— parendo loro che per ciò saranno sicurati che non possi più esser imperatore che miri alle cose d'Italia, da che quella corte teme perché altri non pretende sopra lo Stato romano. Né alli giesuiti dispiace perché essi nella confusione si maneggiano et crescono di potenza, et si vede in effetto in questi tumulti che hanno fatto un nobilissimo collegio in Bamberga et aumentato grandemente quello di Praga.
Qui in Italia, siamo in ocio così nocivo —se ben universalmente amato et desiderato- che voglia Dio non sia causa, con la sicurezza che ci promette di farci cadere in qualche repentino male. Non solo ci troviamo sicuri ma giudichiamo anco impossibile che da nessun luoco possa venir chi turbi la nostra tranquillità.
Nella differenza che scrissi per la passata col papa, per ancora non posso preveder quello che sarà. Dico solo ch'esso ha detto contentarsi di ogni cosa, pur ché in apparenza si mostri di portargli qualche rispetto che è argomento di gran debolezza et timore. Fu in questa città, li giorni passati, il cardinale Caetano6 quale in giochi et meretrici ha mostrato le sue virtù. Nessuna cosa fa maggior danno al servitio di Dio quanto di credere a quei da Roma così facilmente. Questo adormenta li politici che sono la maggior parte, dà animo alli papisti et lo leva alli buoni. Dio ci aggiuti.
Io credo che le mie lettere riescano noiose a Vostra Signoria, non per la lunghezza ma per l'aridità, la qual nasce et dal mancamento di materia in questo nostro otio et dalla mia natural sterilità, quale prego Vostra Signoria che scusi et credi certo che il desiderio di parlar con esso lei mi fa sempre metter fine alle lettere che le scrivo, con dispiacere.
La risalutano il signor *Molino e padre maestro Fulgentio7 et io le bascio la mano, pregando Dio che benedica le azioni sue sempre et in particolare quelle che ha per le mani in questi tempi.
Di Vinetia, li 22 giugno 1611