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1611-08-18. DE Piccioli

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Molto illustre et reverendissimo signor et padrone colendissimo
Per la posta di Graz passata, mandai a Vostra Signoria reverendissima le scritture che ne ricevo a Venetia, quali presupongo che le sijno capitate, havendone anco dopo mandate dell'altre con certi avisi all'illustrissimo et eccellentissimo signor Bon3 proveditor, dal quale si tien l'istesso ordine che lei ci diede, né mai si mancherà, come fidelissimi sudditi di Sua Serenità, di far quel tanto che per ogni dovere siamo tenuti. Il star poi del signor Lodovico a Venetia ne fa star molto sospetti perché dato che si hebbe quella pocca d'informatione a Vostra Signoria reverenda et al eccellentissimo Signor *Treo con buona gratia dell'uno et dell'altro partissimo, credendo come ci fu detto non fosse bisogno di altro et, per nostro credere, che dovesse esser licenciato. Ma quel suo fermarsi ancora ci da segno che seguiti nelli suoi tentativi. Perciò la si supplica che, non sapendo noi di fermo quello si tratti, né quello che pensi, non si vengi mai ad atto pregiudiziale di alcuna sorte, se prima non siamo citati, overo se non sono perfetamente intese le nostre ragioni conforme alla supplica per noi presentata nell'eccellentissimo collegio, perché seben si ha trattato superficialmente non sapendo noi però di che, ma tolto in universale con lei et il signor Treo per una mezza hora, essendo negotij de sedeci anni et tanto moltiplici non si può in una pocca d'informatione rapresentar il tutto, massime che per esser lui a Venetia deve ogni giorno proponer qualche novità, siché se sarà bisogno con le scritture in mano si rissolverà tutto quello può apportare.
Assicurando Vostra Signoria reverenda per la gran conoscenza che habbiamo di questi negotij, che ogni tentativo che faci tanto di delegatione come del ristaurare le lite passate, il tutto sarebbe in pregiuditio di Sua Serenità circa le cose di Ceneda stantibus rebus pro ut stant et come occorendo si farà conoscere, oltre che sarebbe di grandissimo nostro danno. Et ci sarà di molto favore che vogli ricordar a Sua Serenità che conforme alla supplica nostra innanti alcuna rissolutione che ci potesse esser dannosa, intendemo di esser intesi con le scritture in mano per interresse della Republica et anco nostro, perché delle cose passate non se ne può parlare et delle presenti siamo in termine d'espiditione, et il tutto è regolato dalle lettere delli clarissimi signori auditori nostri tanto favorevoli a Sua Serenità.
Confidiamo dunque in Vostra Signoria reverenda, sicurissimi che conoscendoci buoni et fedelissimi sudditi et, dal canto della ragione, haverà per giustitia la nostra protetione et che non ci veniva fatto alcun pregiudizio et che il signor Lodovico riporterà più tosto qualche buona riprehensione per non dir castigo che altro et ciò ad essempio d'altri.
Quanto alle cose criminali, spero che havendo da esser l'illustrissimo proveditor presto a Conegliano, che haveva qualche buon ordine da Sua Serenità circa quelli tristi et ivi li espedirà perché questo rubello di Pietro Levade si va vantando che, per la banda di Roma et del nontio, ha proveduto et che non sarà altro4.
Di novo, altro non è che monsignor illustrissimo vescovo5 ha fatto andar non hieri l'altro il signor dottor Moschoni ad informanda curia per quelle littere delli clarissimi signori auditori, che fece a nostra instanza essequire et 9 ottobre fa, ad instanza del signor Lodovico, il qual quanto tratta hora a Venetia, lo fa con l'intelligenza del vescovo. Intendo che uno di Ceneda ha certe scritture antiche che fanno molto per la serenissima Republica et mi ha confessato che le ha. Farò ogni potere per haverle et, havendole, si manderanno subito.
Supplichiamo Vostra Signotia reverenda tanto nel civil quanto nel criminal et haverei per raccommandati; et occorendo scrivere potrà inviare per la posta di Graz le littere a Conegliano al signor Zuanne de' Giudici overo, partendo il nostro portalittere da Ceneda ogni marti6 da Venetia, mandarle a Rialto il lunedì alla spetiaria Della palma che per l'una banda et l'altra venivano sicurissime ma è meglio la posta di Graz et, per fine, il signor padre et io le faciamo riverenza.
Di Ceneda alli 18 agosto 1611
Di Vostra Signoria molto illustre et reverenda

Servitore devotissimo
Gio. Batt.a Piccioli

 

 

1. Paolo Sarpi évoque cette famille dans sa Narrazione delli tentativi contro la sopranità sopra Ceneda (16 mai 1611), in Paolo Sarpi, Opere, Milano-Napoli, Ricciardi, 1997, vol. I, p. 504-506 : Ma quello che più importa del 1592 essendo ucciso da alcuni della famiglia de' Piccioli uno de' Sarcinelli, il vescovo processe contra li colpevoli e li proclamò e, perché ebbe suspetto che avessero ricorso al patriarca d'Aquileia, mandò il processo a Roma alla congregazione della consulta (la qual è quella che governa lo Stato ecclesiastico temporale) dimandando di poter procedere con l'auttorità sua […] e questo fu il primo tentativo della corte romana di trattar Ceneda come parte dello Stato ecclesiastico. Mandò ben anco l'eccelso conseglio de X a Serravalle a formar processo sopra questo stesso omicidio, ma non ne seguitò proclama né altra transmissione dell'inquisizione, sì che fu un atto che non serve a niente. […] In questo mentre li Piccioli uccisero un altro Sarcinello … . Ma mentre che le cose vano caminando così inanzi, li Sarcinelli uccisero uno dei Piccioli. Vennero li offesi a Venezia e fecero querimonia alli eccellentissimi signori capi, i quali mandarono a Serravalle a formar processo. Ma però non si transmesse la inquisizione, né si passò ad essecuzione alcuna, in maniera che anco quest'atto resta senza nessuna efficacia. Andò l'aviso di questo terzo omicidio a Roma.
2. Le pli incomplet ne comprend pas l'adresse.
3. Ottaviano *Bon (1552-1623) est un patricien influent qui a déjà derrière lui une longue carrière diplomatique et qui jouit de la considération des autorités romaines pour le caractère modéré de ses positions. Le 17 mars 1610, il est choisi par le sénat vénitien comme provveditore e inquisitore di Terraferma, della parte di Trivisan e Friuli c'est-à-dire qu'il est chargé d'inspecter au nom de la Sérénissime ces territoires de la Marche trévisane —dont Ceneda, le 15 juin 1611— et du Frioul.
4. La question de la souveraineté sur Ceneda naît de ce que la donation de la juridiction comtale par l'empereur Otton I à l'évêque de Ceneda (à Côme, le 6 août 962) est contredite, à partir de 1388, par l'entrée de Ceneda dans le territoire de la République de Venise : le droit civil entre en contradiction avec le droit de la guerre. Dès lors, la controverse s'est ouverte à propos de la justice en appel. Voir l'introduction de Gaetano Cozzi, « La questione della sovranità su Ceneda » et le quatre consulti de Sarpi à ce propos, in Paolo Sarpi, Opere, Milano-Napoli, Ricciardi, 1997, vol. I, p. 468-496. En 1603, les habitants de Ceneda veulent en appeler d'un jugement en première instance, quelle est l'institution investie de ce pouvoir : l'évêque (et au-delà, par l'intermédiaire du nonce, la cour romaine) ou la République de Venise ? Sarpi apporte quatre réponses documentées sur cette question : Narrazione delli tentativi contro la sopranità (16 mai 1611), Rimedio contra li tentativi (16 mai 1611), Il titolo della serenissima Republica e del vescovo (25 mai 1611), Confutatione delle pretensioni romane e risposta alle obiezioni contro la sopranità della serenissima Republica (25 ami 1611), ASV, Consultori in iure, 294.
5. L'évêque de Ceneda est Leonardo *Mocenigo.
6. Vénétianisme pour martedì.

Type scripteur
  • Autographe

Chiffrement
  • non chiffrée

Signature
  • Gio. Batt.a Piccioli

Lieu
  • Ceneda

Source
  • ASV, Consultori in iure 22, f. 59r-v.

Editions précédentes
  • Inédit