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1615-04-11.A Contarini S

All'illustrissimo et eccellentissimo signor colendissimo.
Il signor ambasciator veneto appresso la Santità del sommo pontefice.
Roma1

Illustrissimo et eccellentissimo signor colendissimo
Credendo che hoggi sarà fatta la deliberatione2, la quale sarà sentita con senso da questo signore, vado credendo che egli farà qualche indoglienza costì: onde stimo bene dar a Vostra Eccellenza l'informatione neccessaria. Se poi le son troppo molesto, scusi me et ascriva al desiderio di ubidir li suoi comandamenti.
Alquante communità del Friuli hanno da immemorabil tempo la potestà di giudicar nella prima instanza ogni causa civile et criminale. Quando la signoria di quella pria venne nella Republica, ella confermò le raggione sue a tutte le communità, le quali al presente anco le godono. Fra questo numero è anco la communità di San Daniele, la qual del 1420, quando venne sotto la Republica, hebbe la stessa conferma dell'autorità che esercitava già molto tempo. Quando del 1445 fu concessa al patriarca vi fu espressa dichiaratione che li privilegij suoi fossero salvi; et il procurator del patriarca, quando pigliò il possesso datogli dal secretario del senato, fece promessa per nome del patriarca di osservarli. Di queste cose vi sono le scritture. Questa giurisdittione è stata esercitata dalla communità sotto li patriarchi senza contradittione d'alcuno d'essi, senza esser mai violata sino a questi tempi.
Hora, nate le controversie, il patriarca ha fatto proclamare3 dal signor capitano di San Vido 4 di quelli che sono venuti qua a diffendere le raggioni della communità, imputandoli delitti non gravi che sono schiaffi dati, astosità ad una meretrice, et simil cose. Li proclamati, non fidandosi di mettersi prigione in mano di chi sano reputarsi tanto offeso, sono restati assenti et egli li ha banditi severissimamente. La communità è comparsa qui dicendo che non debbe esser turbata la sua giurisdittione, che il patriarca non faccia novità, lascia che si servi l'usato et li casi siano giudicati da chi tocca in prima instanza: che se non faranno giustitia egli, cioè il patriarca, che ha l'appellatione, potrà far quel che giudicarà di giustitia. Egli mai ha voluto intendere d'accomodar questo negotio. Il senato al giugno passato, vedendo una così fatta esorbitanza, li fece dire che dasse la copia delli processi, che si sarrebbe veduto et ordinato quanto fosse giusto.
Andando le cose con molta longhezza, la comunità si risolvé di far nuovo tentativo che il patriarca si contentasse per preghiere: alla quale egli rispose in scritto, sottoscritto di sua mano propria, parole formali, che sempre che la communità si riconoscerà et mostrerà di esser pentita delli pregiudicij fatti alla persona sua et comparirà innanzi lui con li debiti segni di fede et manderà con procura del conseglio d'arengo persone a far li atti debiti, che egli userà la solita misericordia.
Da questo giudichi Vostra Eccellenza qual sia la causa perché perseguita quei poveri huomini et se li condanna per giustitia; et facendo che cosa vuol mandar tutto in niente; et che affettione habbia etc.
Questi huomini hanno risposto che non possono contravenir alla loro fede et sono di nuovo ricorsi. Non credo che persona alcuna dirà che il principe, che gl'ha promesso che li loro privilegij li saranno conservati, essendo anco ciò fatto sino a questo tempo, non debbi per mantenimento della sua parola provedere alle novità, convinto che si vede perché si fanno; et credo che si sererà subito la boca a chi alcuna cosa dicesse, con farli sapere che ha fatto una novità contro l'usato da tutti li suoi precessori dal 1445 in qua, doppo che gli furno concesse quelle terre.
Del mondo habbiamo che nei paesi di Cleves4 una parte et l'altra si provede sollecitamente di barche, dissegnando ciascuna di farsi padrona del Rheno et che alli 5 di questo sarrebbero mosse le armi, se la restitutione non seguiva prima.
Mi par cosa di molta consideratione che l'elettore di Colonia, vedendo che non vi è speranza di prole del fratello5 duca di Baviera, disegna spretarsi et maritarsi, ma prima far l'arciduca Leopoldo coadiutore, acciò li succeda: cosa di gran consequenza, se saranno dei nati in casa d'Austria nell'ellettione dell'imperatore. Dio voglia che questo non sia principio di qualche gran male; ma quell'arciduca, che adesso è un soldato con due vescovati, se haverà anco quelli di Colonia et Liegi sarà con quattro: et questi sono li buoni cattolici !
Io bascio la mano a Vostra Eccellenza et prego Dio che li doni prosperità.
Di Vinetia, il dì 11 aprile 1615
Di Vostra Eccellenza illustrissima

Devotissimo servitore
Fra Paulo di Vinetia

 

 

1. Au dos du pli, Simone *Contarini a noté : Del Frate, dì 18 d'aprile 1615 con le sentenze del patriarca annullate dalla Republica per non essere state vedute prima le cause dalla Comunità.
2. Sarpi fait ici allusion aux délibérations du sénat relatives aux différents qui opposent le patriarche d'Aquileia, Francesco Barbaro, et la comune de San Daniele. Voir Notices historiques : relations de Venise et •Aquileia.
3. Proclamare : assigner en justice, citer devant un tribunal.
4. Voir Notices historiques : crise de •Juliers-Clèves.
5. Ernst de Bavière (1554-1612) est prince de Liège, depuis 1581, et électeur-archevêque de Cologne, depuis 1583. Son frère Maximilien I *Wittelsbach, duc de Bavière, étant sans descendance, il envisage de quitter l'état ecclésiastique pour lui succéder à la tête du duché. Un privilège de la maison de Wittelsbach est de pouvoir désigner son successeur : Ernst envisage de céder ses deux évêchés à Léopold de *Habsburg, évêque de Strasbourg et de Passau, qui envisage la même manœuvre pour succéder à son frère, l'empereur Matthias I, lui aussi sans descendance. Ces manœuvres arrachent à Sarpi l'exclamation : et questi sono li buoni cattolici ! alors qu'il a été, lui, accusé d'être un mauvais catholique.

Type scripteur
  • Autographe

Scripteur
  • Paolo Sarpi

Chiffrement
  • non chiffrée

Signature
  • Fra Paulo di Venetia

Lieu
  • Venise

Source
  • BNM, Ms. It. VII, 2097 (=6507), f. 52r-53v.

Editions précédentes
  • C. Castellani, 1892, lettre XII, p. 23-24.