1608-11-25.A Castrino
Il molto illustre signor mio ossequissimo,
monsignor2
Molto illustre signor colendissimo
Con questo corriero ho ricevuto ambedue le lettere di Vostra Signoria delli 5 del presente, con quelle delli signori *Dolot, dell'Isle, *Gillot et *Casaubon. Questo spazzo è gionto così tardo che non so se haverò tempo di rispondere a tutti prima che il corriero parti, tentarò di farlo scrivendo sino all'ultimo tempo et se non potrò tutto, rimetterò il rimanente al seguente.
Li Plaidoiers3 mandatimi da Vostra Signoria mi sono carissimi sì come ogn'altra cosa di questo soggietto che le piacerà procurarmi, essendo materia di quale credo dover tener qualche dì bisogno. Non vorrei però che Vostra Signoria per ciò prendesse nè fatica nè incomodo, solo facesse quello che l'occasione rapresenta facile. Molto tempo è che io admiro l'eruditione et il giudicio di monsignor P. Massono4, il quale ha publicato molti buoni auttori al mondo quali, senza l'opera sua, sarrebbono ancora occolti. Da questo, come ex ungue leonem ho giudicato che il suo intelletto posseda cose ancora più recondite ma che facilmente non si possono, per la malignità delli tempi, divolgare. Io li son molto divoto et mi sarrebbe gratissima incontrare occasione di servirlo ma nella materia letteraria, posso dire, che noi siamo nella carestia, dove costì è l'abondanza. Tengo per fermo che, tra le cose di questo signore, vi sijno molte spettanti alli riti et costume della Chiesa che non sarrebbono vedute da tutti con occhio grato et queste è bene, per non incontrar nell'odio, trattenerle dalle altre. Mi pare che questo signore farrebbe già beneficio alli letterati publicandole et a me in particolare, che per tal maniera ne sarrei partecipe. Io ho molte volte incontrate in dubitationi sopra simil materie, de quali non ho saputo facilmente sviluparmi et, quando non credessi dover dar noia a quel signor, le scriverei qualche cosa che mi tiene perplesso per essere risoluto con le sue osservationi. Riceverò ben da Vostra Signoria favor singolare, che si degni, venendoli occasione di vederlo, offerrirli per mio nome la mia humil servitù et basciarli riverentement la mano.
L'opera di Lorenzo Bochelli5, di cui Vostra Signoria mi manda il titolo, conviene che sij una buona racolta, essendo annessata dalle scritture inserite in quello, et bisogna sij gran volume, essendo 8 libri. Quest'opera senza dubio non si lasciarà venir in Italia, perché temerano che non riceviamo qualche cattivo esempio con l'obedientia cieca che ci viene predicata sino alla nausea; io desidero bene haverne un esemplare et la via di mandarlo l'ho già aprontata col signor dell'Isle, il quale mi scrisse già che, per via di Zurich, la farebbe capitare in Bergamo et io l'avisai che facesse inviare all'illustrissimo signor Capitanio di quella città6. Aspetto anco d'intendere che monsignor *Gillot habbia dato in luce la sua racolta7 nella quale è necessario che vi sij molto di recondito in tal soggietto, et forse tutto quello che si può trovare, perché vego che nella racolta fatta delle memorie del concilio di Trento dalla Francia8, non si può aspettar più di quanto egli ha posto in luce. Vostra Signoria mi farà gratia singolare avvisandomi in che stato si truova l'impressione dell'opera sudetta di monsignor Gillot del quale ho ricevuto la lettera et, finita questa, darò mano a risponderli, se il tempo servirà9 ; ma che vuol far quel signore di retratto di persona che merita una ben presta oblivione ! Sarrebbe per oscurare la dignità di tutti quelli appresso quali lo ponesse. Io non saprei mai adular me stesso sì che mi riputassi degno d'esser retratto, senza che non mi parebbe far opera di carità, dando questo fastidio a que' di Roma, di procurar come farrebbono di scancellarlo et di dolersene qui con la Republica, come si sono doluti di un altro che per leggierezza ha lasciato andar il suo ritratto in volta.
Quando Vostra Signoria vederà il signor presidente *di Thou, mi farrà gratia di farli per mio nome humil riverenza, con dirli anco che non mi scordo delle promesse10 ma, come più a pieno le dirà il signor ambasciatore, cresce mentre sta qui. Et alcuni degni spiriti hanno ben considerato che convenga narrar esatamente le cose delli avversarij, come le nostre, acciò sij cosa scritta non solo con verità ma senza ommissone di verità.
La lettera che Vostra Signoria mi manda per Ferrara11 la farò capitare in mano propria et procurerò haverne risposta. Li miracoli fatti dalla Loira mi dispiaceno molto per il gran danno c'haverà patito il popolo ma, lodato Dio, che ha preservato il signor dell'Isle, se non del tutto, almeno dal tanto; il fugire un gran pericolo è specie di buona fortuna. Ma perché Vostra Signoria vuole haver per cattivo augurio cotesta inondatione ? più tosto possiamo interpretare il tutto in buona parte che pronostichi augumento del popolo franco, poiché nella Scrittura divina aquæ multe populi multi sunt. Ma che dirà ella delli augurij di Roma, la quale è piena, che in palazzo papale un foletto (così chiamiamo in Italia uno spirito familiare) dij di molta noia et ogni giorno si conta qualche miracolo fatto la notte precedente, aggiongendosi publicamente che l'effetto avvenne tre mesi inanzi la morte di Clemente12, onde adesso prenoncij al papa vita di tre mesi. Cose che, sì come sono ridicole, così non è ridicolo che il popolo parli così liberamente et apertamente della vita del principe, ma argomenta assai mancamento nel governo.
Altri cattivi augurij habbiamo molto più stimabili et sono che li Ongari nella dieta di Possonia13 hanno proposto a Mattias conditioni molto alte che, inanzi si venga all'ellettione sua, sij prima eletto un palatino; che sij sempre luogotenente regio, sì che non si ricorri mai al re quando sarà fuori del regno; che la corona et altre insegne regie stiijno appresso loro; che in tutte le fortezze sij governator et presidio ongaro; che li ecclasiastici sijno esclusi a fatto dal governo politico; che li giesuiti sijno tenuti fuori del regno; che a quelli d'Austria sij concessa la total libertà della religione la qual, se li sarà mai violata, sij lecito alli Ongari assisterli con le loro forze. Non credo che si dipartiranno da alcuno di questi capi per il che quel regno si può dir perduto per Roma, a quale converrà mangiare quel sapore che essa si ha composto. Il noncio del pontefice in Possonia, per certi suoi sospetti, si fortificò in casa il che risaputo dalli Aiduchi14, andarono la notte, li sforzarono la casa, la sachegiarono et il noncio ricevè anco qualche indignità nella sua persona. Di queste nuove non ho scritto alcuna cosa a monsignor dell'Isle. Vostra Signoria si degnerà farli parte di quelle che per ancora non si diranno costì che sono tutte vere et certe.
Ma quelle che Vostra Signoria mi dà intorno li Paesi Bassi et le altre che di là habbiamo mi fanno compatir a que' popoli che di così uniti sijno passati a tanta divisione. Erano pur ammoniti dal fascio di saette che tengono nelle loro monete, ma in fatti la droga del Diacatholicon15, massime quando è indorata, è di gran virtù. Stupisco solo che non sij conosciuta da quelli che in altri tempi sono stati avellenati con quella et hanno racquistato la sanità, non però intiera, con tanta difficoltà. In somma bisogna dire che Dio vuol mostrare il diffetto della prudenza humana, acciecando anco li più perspicaci.
Credo bene che haverò annoiato Vostra Signoria con questa longhezza ma non mene pento per il gusto che ho ricevuto scrivendoli et per quello che spero ricevere quando legerò la sua in risposta. Prego Dio che doni a Vostra Signoria il colmo delle sue gratie alla quale bascio la mano.
Di Vinetia, il 25 novembre 1608
Di Vostra Signoria molto illustre,
Affettionatissimo servitore
F. Paulo di Vinetia