1611-04-26.A Groslot
Molto illustre signor colendissimo
Desiderando continuar la communicatione per lettera con Vostra Signoria, la quale non possiamo trattenere senza ciffra, né intieramente se ella non è facile, per questa causa ho più volte pensato di ampliar quella che sino al presente è stata tra noi, et se mi è attraversato impedimento insuperabile, volendo fare che possi servire alla lengua francese et italiana. Finalmente io ho dato nella presente, la qual mando a Vostra Signoria, che non ha bisogno di nissuna attentione di mente né inquisitione di caratteri, così per esser scritta come per esser interpretata, ma il solo copiare basta. Nello scrivere si camina per li numeri arabici et si copia per li numeri romani, donde le parole restano confuse, sì che non è possibile cavarci senso. Quello che haverà da deciffrare piglia le parole così confuse et le mette per li numeri romani, et poi le legge per li numeri arabici. La carta si mette sotto a un foglio bianco, dove trasparendo le linee, serve per sempre. Li spazij che sono crociati si tralasciano vacui, il che serve acciò ché, se uno per qualche caso inventasse quelli doi numeri -10 et 117- che sono radici della compositione6, resti però confuso per il vacuo. Il numero delli pieni è 104 : quando la cosa da scrivere portasse manco parole, se ne puol aggionger tante di altra materia che venga al numero et, quando portasse più parole che tal numero, si replica la seconda et la terza volta et più, quanto fa bisogno. Io ho tentato un gran ciffrista, il quale non è stato sufficiente di interpretarmi un concetto scritto, onde mi vado credendo haver trovato cosa di competente uso. Mando insieme un essempio, acciò Vostra Signoria possi con quello supplir a qualche mancamento che io havessi usato nel volermi esprimere. Se questa piacerà a Vostra Signoria, ella potrà usarla immediate. Io non la userò sin ché non ho risposta da lei della ricevuta.
Per il presente corriero, ho ricevuto quella di Vostra Signoria delli 29 marzo, a quale dirò prima che la lettera del signor *Asselineau è di quella delli 2 febbraro, et per *Barbarigo l'altra delli 15, tutte doi in un giorno, come mi persuado che ella haverà inteso dalla mia. Della tardanza ad haver risposta, ella non debbe farsi maraviglia perché quaranta doi giorni conviene che passino, prima che da Parigi a Vinetia si habbia la corrispondente et, per la distanza da Parigi a costà, se vi aggionge tanto che in tutto fanno appresso a doi mesi.
Io intendo in bene la controversia in dottrina che si ventilla in Francia sopra la vita dei re, perché farà conoscer la buona dalla cattiva, et metterà anco li prìncipi in pensiero, vedendo che otiosamente si tratta della loro pelle. È certo che di qua è necessario attendere qualche grand'essito, o per riforma, o per total disforma del mondo.
Io son ancora a sapere se la damigella di Comans fu fatta priggioniera per l'accusatione da lei intentata o pur se, essendo in prigion per altro, sia passata all'accusa per meritar perdono. Mi farà grazia sodisfacendo alla mia curiosità7.
Al signor *Molino, ho fatto l'ambasciata commandatami da Vostra Signoria, il quale li rende mille saluti et desidera restar perpetuamente nella sua memoria et grazia, et haver occasione di servirla.
Ben era sicuro che *Barbarigo li sarebbe riuscito caro, ma li aggiongo che nel parlar di lui non ho saputo dir tutto quello che è, poiché ha tutte le buone parti degli Italiani et nessuno delli difetti di questa nostra natione. Io prego Vostra Signoria che, uscendo alcuna cosa dall'ingegno dell'▪Anticotone, vogli mandarne quanto prima un essemplare a Barbarigo per me.
Qui si maneggia qualche cosa contro i giesuiti di consequenza non leggiera: Dio vogli prestar il suo divino aggiuto alle buone intentioni.
Per dirli alcuna cosa di nuovo delli dissegni del duca di Savoia, non sappiamo né il futuro né il presente. Egli non ha più che 7 mila soldati: per Genèva sono pochi, per Bernesi meno. Quello che dissegni di fare, non so se lo sappi esso stesso8.
In continuatione di quello che contiene l'essempio della cifra, per non replicarlo, il viceré9 ha detto publicamente in conseglio che, se li giesuiti faranno un'altra attione simile, sarà constretto imitar li Venetiani, di che il generale ha sentito dispiacer grande et ha scritto una lettera al viceré con molta summissione. La corte di Roma hebbe molto disgusto quando l'editto contro Baronio, di che mandai a Vostra Signoria la copia, fu pubblicato in Sicilia. Di nuovo ne hanno sentito un maggiore per la publicatione fatta, pochi giorni sono, in Napoli. Aspettano hora anco la publicatione di Milano, la qual come preveduta ferirà manco10.
Hanno recitato li padri giesuiti in Roma, nella loro casa professa, una rapresentatione o commedia spirituale : La conversione del Giapon11. Et nella prima scena è comparso un giesuito a far predica nella piazza con questo soggetto : che Dio volendo rinovar il mondo, ha eccitato in questo secolo la loro Compagnia, alla quale sua maestà dona tali favori che nessuna potenza humana può loro resistere et altri tal concetti. Al quale fecero rispondere per un Giaponnese, con dire che non credevano che essi fossero mandati da Dio, ma da qualche inimico dell'humanità che erano per metter dissension civile, per spiar le debolezze del paese et altri tal concetti. Et seguì la commedia con altri particolari molto notabili, detti dai recitanti, i quali sono tutti contro loro. Né io so indovinar perché sia fatta una tal cosa, se non per dir al mondo in faccia che sanno di esser scoperti et che non, per questo, stimano alcuno.
Al padre, nel scrivere la presente, è sopragionta una gran febre, sì che è stato necessitato abbandonar l'impresa. E con questo bascio la mano a Vostra Signoria.
Di Venetia, lì 26 aprile 1611