1608-07-08.A Groslot
Molto illustre signor
Nell’istesso giorno ho ricevuto due di Vostra Signoria, una delli 6 per mano del signor *Asselineau, l’altra delli 17 nel piego del signor ambasciatore2
. Io nelli mesi passati ho scritto a lei più volte, ma per non esser nelle mie cosa particolare per la quale aspettassi risposta, non ardisco dire che alcuna mia sia capitata male.
Non son restato di scriverli per negligenza, ma più tosto per diffetto di materia, senza la quale io son tanto sterile di parole, che alcuna volta vengo sforzato a mancare delli debitij ufficij verso gli amici et padroni. Et al presente mi duole di esser privato del piacere ch’io sentirei, scrivendoli secondo il solito di mia mano. Si è risentito l’osso sotto la ferita ch’io hebbi nella faccia, che mi dà assai dolore et tira in consenso l’occhio, sì che non posso affissarlo.
La consideratione tenuta da Vostra Signoria col signor ambasciatore et discorsa meco nell’ultima sua, è molto fondata et una tal congiontione portarebbe senza alcun dubbio, riputatione et sicurezza. Ma sì come vedo il discorso fondato, così tengo l’esecutione per impossibile, atteso che si tiene qua per massima indubitabile che bisogna guardarsi da tutte quelle attioni che potessero dar sospetto a chi è più potente. Noi siamo risoluti più tosto di morire repentinamente che di esporci a pericolo d’una infirmità.
Passa ancor opinione in questi paesi che la pace delli Stati3
sarà fatta certamente et che, o prima o dopo, resteranno sopraffatti dalle arti spagnole, sì che non haveranno dominio che in apparenza, anzi che loro forze saranno per servir non contro li suoi nemici, ma contro li suoi vicini. La quale opinione io non tengo per molto improbabile, vedendo già qualche mala semenza gettata in quest’anno ormai pullulare. Et sì come stimo la forza di quei popoli come merita, così reputo il governo pieno d’imperfettioni4
…
Al principio dei moti austriaci fu da molti sospettato che potesse essere una secreta intelligenza tra essi, per oppressione di qualche altro. Dopo fu creduto che dovesse terminare in un monachato dell’imperatore. Appresso parve che fusse stimato una congiura di tutta la casa et di qualche altro principe forestiero contro la maestà imperiale. Adesso venendo avviso certo che le cose sono composte, io non so dir altro, se non che noi siamo in un secolo così pacifico, che nissuna causa è sufficiente di far rompere la guerra, laonde sapeva bene il papa con che fondamento diceva non esserci cosa che perdere5
.
Della gran armata ordinata in Spagna et a Napoli, si parla variamente, volendo alcuni che sia per far impresa in Albania, altri in Grecia, et altri in Africa. Certo è che porta arme per vinti milia persone, et instromenti per fabbricare fortezze. Si può credere, col fondamento su detto dell’immobilità della pace, che anco questo tanto apparato terminarà in niente.
Vostra Signoria mi essorta ad adoperarmi per la grande opinione concetta di me nelle occasioni passate, le quali le fanno stimare una dramma6
scarsa per un talento, ma la pregarò di considerare che in consideratione molte cose sono da noi chiamate buone, che nell’essecuzione sono cattive, mancandoci l’opportunità, la qual sola produce la vera bontà nelle attioni. Sarebbe molto bene l’adoperarsi in servitio di Dio, senza nissun rispetto, se tutte le circonstantie vi consentissero, ma questo fatto senza opportunità non sarà degno di nome di bene, anzi, potrebbe esser d’impedimento a quello che nei tempi futuri fatto opportunamente potesse partorir qualche buon effetto.
L’Harmonicon cœleste del Vieta7
io vado credendo che sia una dottrina delli signi, nella quale so che quel gentilhuomo valeva sopra modo, onde lo desidero con gran espettatione. Et quando non eccedi la grandezza delli pacchetti soliti esser portati da’ corrieri, il signor ambasciatore, so, mi farà la gratia di mandarlo, quando fusse troppo grande si può mandar per qualunque via, poiché non haverà impedimento. Ma per mandare altra sorte di libri, credo la via proposta da monsignor *Dolot esser la migliore, purché in Zurich o vero in Coira o in qualche luoco di Valtelina, ci fosse qualche persona che li tenesse fino ad occasione di portatore appostato, che li portasse seco in Bergamo. Vostra Signoria non potrebbe credere l’esquisita diligenza che vien fatta da un anno in qua, acciò non venga in questa città alcun buon libro. Prima vi sono spie in tutti li luochi di dove possono partire, poi in Inspruch et in Trento, si fanno cerche esquisite. Dal canto dei Grisoni, le diligenze delle spie sono maggiori et in ciascuna città di questo Stato viene usata una straordinaria diligenza. Io vado dubitando che a poco a poco perderemo quel principio di libertà che Dio ci ha aperta.
Ho sentito con gran dispiacere di onde sia venuto che non habbiamo havuto compita l’opera8
del signor *Casaubona et con maggiore ch’egli non sia stato riconosciuto, cosa che sino al presente ho creduto altrimenti. Di questo io ne ho parlato con chi conveniva et tengo che qualche resarcimento sarà fatto. Tra tanto, prego Vostra Signoria di far intendere con destra maniera a quel signore, che come avviene in tutte le republiche cosí qui vi sono le varie affetioni et interessi, et per causa della libertà, anco l’ardire nelli ministri di esseguire li ordini publici come li piace, per il che vogli attribuire il mancamento et incivilità usata verso di lui alla sua vera causa.
Li voglio dir di nuovo, che un padre dell’ordine di san Domenico, chiamati in Francia jacobiti, per nome fra Tomaso Caraffa, questi mesi passati ha diffeso in Roma cinquecento thesi dedicate al pontefice, della qualità che Vostra Signoria può giudicare. Ma nel principio ha posto un ritratto di esso pontefice, in stampa di rame, con diverse imprese et moti della divina Scrittura, come in particolare questi : Inimici eius terram lingent; regnum eius regnum omnium sæculorum. Ma dalle parti pendono dui trofei, dalla destra il trofeo ha legata una corona imperiale, e di sotto due regie, e più a basso due altre senza cimiero et infine il corno del duce veneto, con molti scettri in diverse parti del trofeo. Dalla parte sinistra, l’altro trofeo contiene li turbanti turchesco et persiano et alcune altre berrette all’orientale et nel fine il capello del moscovita con sciamitarre et altre insegne di quei principi, con una inscrizione sotto il ritratto, la qual contiene formalmente queste parole : Paulo V, Vicedeo, reipublicæ christianæ monarchæ invictissimo, ponteficiæ omnipotentiæ conservatori acerrimo9
. Il che ho voluto scriverli, credendo che debbia sentir piacere, vedendo che si accumulano le grandezze della Chiesa, et con questo farò fine, pregando Vostra Signoria conservarmi l’istesso luogo nella sua gratia et farmi degno delli suoi commandamenti.
Di Vinezia, li 8 luglio 1608
[Se il signor *Dolot si ritruova in Pariggi, prego Vostra Signoria farli li miei basciamani, e dirli che ho ricevuto la sua et risposto per la stessa via. Il signor *Malipiero li bascia la mano, col padre Fulgentio10 . L’inclusa è del signor *Molino]11 .
Mystère d’iniquité, Saumur, 1611
© BM-Lyon : SJ CS 199/122
Mystère d’iniquité, Genève, 1612
© BM-Lyon : 336 763
- 1La copie ne comprend pas l’adresse.
- 2Voir Notices biographiques : Antonio Foscarini, en poste à Paris.
- 3Ce terme traduit les Staten generaal ou Etats généraux qui sont l’expression de la souveraineté des Provinces-Unies, créées en 1579 par l’union d’Utrecht, et qui vont perdurer jusqu’en 1795. Sous la plume de Sarpi, c’est un équivalent à la Hollande anti-espagnole.
- 4Voir Notices historiques : la trêve de Douze ans.
- 5Reprise d’une citation du pape, voir lettre 1608-04-01.
- 6Unité de poids équivalente à 1,7 grammes : poids infime.
- 7L’Harmonicon céleste de Viète est une reprise du système copernicien mais avec l’introduction des orbites elliptiques des planètes. Viète reproche à Copernic des lacunes en géométrie. Cette œuvre n’a jamais été imprimée du vivant de son auteur mais de nombreux manuscrits ont circulé dont un exemplaire dans la bibliothèque de J-A. de Thou*, dispersée en 1617. Cet exemplaire de l’Harmonicon céleste semble avoir été offert à Côme de Médicis (exemplaire de la bibliothèque Magliabecchiana de Florence ?). A la mort de Viète, en 1603, ses manuscrits sont publiés par son élève, Jacques Aleaume, avant de finir entre les mains de frères Jacques et Pierre Dupuy (peut-être les exemplaires de la BnF, latin 7274 et français 3282 ?).
Voir Notices biographiques : François Viète. - 8Il s’agit du De libertate ecclesiastica, dont l’impression a été interrompue sur ordre du roi Henri IV.
- 9Citation de l’Apocalypse, 13, 18 qui fait allusion au nombre de la bête. Or, le cryptogramme : paVLo V VICeDeo se résout en 5+50+5+6+100+500 = 666. Cette gravure est parue, hors texte, dans l’ouvrage de Philippe Duplessis-Mornay, Le mystère d’iniquité, avec une variante entre la première [Saumur,1611] et la seconde édition qui semble une contrefaçon lyonnaise [Genève, 1612].
Pierre De l’Estoile : Ce jour [30 juillet 1608], M. Du Pui, qui me vinst voir, m’aporta un petit avis en italien envoié de Romme, en dacte du 8 de ce mois, qui est d’une demie page seulement, touchant un certain jacobin nommé Fratre Thomaso Caraffa, qui a publié à Romme cinq cens thèses sur la grandeur, puissance et primauté du pape, auquel il les dédie: où, avec un faste et blasphème insupportable, il lui érige des trophées et lui donne des titres qui n’appartiennent qu’à un seul Jésus-Christ; et (qui est plus meschans) se sert des passages de la sainte Escriture pour transférer au pape l’honneur qu’elle donne à Jésus-Christ, auquel seul il appartient ; entre autres ceux-ci : Inimici ejus terram lingent, regnum ejus, regnum omnium seculorum. […] Ce jour [le mercredi 17 septembre], je cherchai par toute l’université ung livre nouveau d’un Thomas Caraffe, capussin, contenant 500 thèses, dédiées au pape d’à-présent. La première feuille est en taille douce, où le pape est représenté séant en son pontificat. Ledit livre, imprimé nouvellement, est drolle (ainsi qu’on dit) et cependant grandement important pour la religion et l’Estat, lequel M. Du Plessis, comme j’ay veu par une lettre qu’il en escrit à un mien ami, a fait rechercher partout sans le pouvoir recouvrir, et mesmes à Paris où le bruit est qu’il y en a mais tellement cachés, que sans l’aide des pères capussins il est malaisé, voire impossible, de le voir. […] M. Du Pui m’a monstré, ce jour [17 Novembre 1608] dans son estude, les Thèses, imprimées à Romme en une grande feuille de papier, de fratre Thomasso Caraffa, dédiées au pape d’à présent, avec les magnifiques (ou plutôt blasphématoires) titres et éloges qu’il lui donne, dont le pape mesmes, en les supprimant, ou a eu honte ou a eu peur qu’ils apprestassent à rire aux hérétiques de nostre temps. M. Gillot seul en a la copie, qu’on lui a envoiée de Romme (qui est celle que ledit D.P. m’a monstrée), suivant le petit mémoire italien que ledit D.P. m’apporta, le 30e du mois de juillet dernier, comme on le trouvera marqué à ce jour en ce présent registre. Le pourtrait de sa sainteté, en son throsne et siège pontifical, s’y void, au commencement, en taille-douce, au-dessus duquel y a escrit : Vultus ejus portendet imperiume; et autour, force diadesmes et couronnes, et quantité de devises si hautes, superbes et arrogantes, qu’un président de la cour, les aiant veues, dit tout haut : “Que voudriez-vous dire de tout cela, sinon que c’est l’Antechrist ?” M.D.Th. [i.e. Monsieur De Thou]. (Mémoires-journaux, Paris, Didier, 1857, p. 467 puis 473 et 481). - 10Voir Notices biographiques : Fulgenzio Micanzio.
- 11L’édition Polidori intègre ce post scriptum dans le corps de la lettre.